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Piove?
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Piove?

Questa newsletter è una mia velleità o forse un delirio o forse neanche più quello.
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Ti scrivo dal passato. È il 2 giugno qui e io già scrivo la newsletter per portarmi avanti. Perché so che il mio weekend sarà monopolizzato da Edo, un amico che per farmi dispetto vive a Parigi e che quando torna a Roma è la fine.

Vuole mangiare fuori ogni giorno (pranzo e cena), vuole fare aperitivi e passeggiate, vuole trovare angoli nascosti della città in cui è nato e ha vissuto per più di 30 anni, vuole organizzare gite fuoriporta improbabili. Forse improbabili non è l’aggettivo giusto: ieri mi ha proposto al telefono di sfruttare uno dei giorni in cui sarà qui per andare a fare hiking sulla costiera amalfitana. Stronze, gite fuoriporta stronze, questo è l’aggettivo appropriato.

Ma considera che il clima di terrore inizia ben prima del suo arrivo, come puoi verificare dai vocali che ti ho messo all’inizio a dimostrazione della tortura che periodicamente subisco.

E a nulla serve trasformarmi in una fabbrica di no. I no non bastano, non funzionano, alle volte tornano proprio indietro. E il fattore di difficoltà si alza ulteriormente perché ogni volta che Edo torna a Roma inizia pure a piovere. Anche a giugno, sì. Piove ora? Se sì, è colpa sua.

Ma sai cosa? Non importa quanto mi sconvolga la quotidianità, quanto mi faccia ingrassare, quanto mi stanchi fisicamente e psicologicamente la sua presenza, io sono super contenta di vederlo. Dirai e certo, non lo vede da tanto, la pandemia, la distanza, la voglia di novità. No, è così da sempre. È una doccia, fredda ma rinvigorente, che mi impone di consumare la vita all’esterno e verso l’esterno. Io sono paralizzata all’idea del suo arrivo, preoccupata davvero, e però contenta. Hai detto sindrome di Stoccolma?


Il consiglio prezioso

Liberatorie: Circondati di amici che ti autorizzano a diffondere i loro vocali.

Scrolling Bong Joon Ho GIF by Madman Films

Riflettevo

Sì, Edo mi ha autorizzato a pubblicare i suoi vocali qui, certo. Ho anche pensato che potesse essere più comodo per te ascoltarli a velocità doppia ma usciva fuori un messaggio satanico e ho dovuto evitare.

Ah che meraviglia i vocali a velocità doppia su whatsapp, io ne sono entusiasta. Resto perplessa all’idea che questo fosse un bisogno da colmare. No, non fraintendermi, certo che lo era, però è strano, no? Perché l’esigenza a cui questa nuova funzione risponde è: che palle ascoltare un vocale. Ma perché ce li mandiamo allora? In teoria abbiamo preferito i messaggi di testo alle telefonate perché più immediati. Qui per me si apre un attimo una parentesi perché credo che per la mia generazione la diffusione dei messaggi sia imputabile a un fattore di costo: quando ero minorenne gli sms costavano 200 lire, le telefonate molto di più.

Ad ogni modo oggi alla chiamata si preferisce whatsapp perché garantisce una conversazione più snella, meno impegnativa. Poi però abbiamo iniziato a preferire i vocali ai messaggi di testo. E non siamo tornati alla telefonata perché la telefonata è sincrona, non puoi rispondere quando vuoi tu, non puoi prendere tempo.

E oggi io, consapevole del fastidio che causano, anzi, in polemica con l’uso che se ne fa, ti ho fatto ascoltare dei vocali. Neanche i miei, quelli di un amico.

Sì, potrei trincerarmi dietro un’esigenza narrativa ma la verità è che tutti facciamo agli altri cose che non ci va di subire. Ci sono cose sgradevoli, che non facciamo, e poi ci sono cose che riteniamo altrettanto sgradevoli ma per le quali ci assolviamo. Assolviamo solo noi stessi.

Ho ripreso in mano facebook dopo parecchio tempo e mi sono ricordata qual era la cosa che mi irritava di più. Sono quei post in cui la gente si lamenta delle persone che hanno un’opinione su tutto. Sono quelli che di solito iniziano con “anche oggi avete tutti un’opinione su” o “non ce ne frega niente della vostra opinione su”.

E anche a me irritano tutti i post che leggo su facebook, compresi però quelli in cui ci si lamenta dei post degli altri e quindi vorrei scrivere “grazie che anche oggi avete tutti un’opinione sul fatto che gli altri abbiano un’opinione”. Ma poi ecco che starei facendo la stessa cosa anch’io, no? E in realtà la sto già facendo qui in questo esatto momento. Non ne sono immune. Non si può più esserne immuni.

Il punto è che abbiamo una voglia infinita di parlarci addosso, non di parlare addosso agli altri ma di parlare addosso a noi stessi. Di dire di più, di dirlo più forte e di riascoltarlo il prima possibile.


Pinkabbestia

Solo qualcosa di rosa

Quest’ultima è della regina del rosa: Claudia.


Du spicci

Ti ricordi dove abbiamo parcheggiato l’unicorno?

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Guilty pleasure meets Visto letto sentito 🙈🙉🙊

Tu li riascolti i vocali che mandi? I tuoi intendo, quelli che registri tu. Tante persone dicono che per loro è insopportabile ma secondo me mentono, mentono spudoratamente.

Vabbè forse per te è diverso (ti sto solo assecondando) eppure il motivo per cui mandiamo i vocali potrebbe essere che ci piace sentire la nostra voce.

Ok, magari non ti piace esattamente la tua voce ma ti piacciono le cose che dici o comunque ti gratifica che il destinatario le ascolti. È una piccola velleità, potrai ammetterlo, dai, o qua la regola è che io sono sempre un disastro e tu invece sei impeccabile?

A me ad esempio piace rileggere la newsletter che ti scrivo. Non proprio sempre, ma il più delle volte sì. E mi piace rileggerla pensando a te che la leggi. Sperando con tutta me stessa che ti sia piaciuta e morendo dalla paura che non ti sia piaciuta.

E ti scrivo puntuale ogni settimana perché ho paura che se ne salto una magari ti perdo. E ammetto anche che appena te la invio sono immediatamente assalita dalla paura di non avere argomenti per la prossima.

Hai mai avuto paura di non avere niente da dire? Non mi riferisco a una fobia sociale né a un blocco dello scrittore. Mi riferisco alla paura di non avere niente di interessante da dire. Niente che serva, che sia significativo.

Ti sembrerà strano ma io ce l’ho sempre avuta e negli ultimi giorni è decisamente peggiorata, diventando mostruosa. E anche questa volta è colpa di Antonio (te lo ricordi Antonio?). Perché grazie a lui ho guardato Bo Burnham: Inside su Netflix e ora penso che non abbia più senso dire nulla.

È uno speciale comedy che dice tutto quello che va detto in questo momento, e lo dice in modo illuminante e inquietante. Dico illuminante perché illumina, eppure credo sia una luce sotto la quale non siamo pronti a stare, una verità che ti sveglia e ti strattona. E che apre un baratro in cui lui, Bo Burnham, con un’intelligenza che mi ha lasciato davvero senza parole, si tuffa prima di te per raccontarti com’è. E così sai già con un po’ di anticipo in cosa stai sprofondando, e all’inizio ridi mentre poi no, non te lo dico che ti succede. Guardalo, non puoi fare altro.

A me ha scosso molto e ora sono qui a chiedermi se non sia il caso di smetterla di parlare, di dire la mia (e questa newsletter allora?). Perché forse tutto quello che ci diciamo, tutto quello che pubblichiamo è un guaito di sottofondo che somiglia tanto a uno spiffero di aria rovente.

E anche questa menata sullo scrivere o no la mia newsletter è uguale alle polemiche su facebook di cui ti parlavo poco fa, ai post pubblici in cui si dichiara amore al proprio partner, alle opinioni su ricette italiane violentate all’estero, vaccini, politica, religione, alle frasi sgrammaticate e piene di refusi, alle enormi emoticon sulle facce dei neonati. E non parlo di quelle foto in cui il neonato è entrato per sbaglio in un’inquadratura, ma di quelle che hanno il bambino in primo piano: la foto è fatta di proposito a lui, poi censurata con una grossa emoticon e poi pubblicata.

Si può sapere che cosa ci stiamo dicendo tutti? Di che cosa stiamo parlando? Con chi? E stiamo parlando? O stiamo solo riempiendo spazi a caso con contenuti che sono diventati contenitori in quelle piattaforme che dovevano essere contenitori e che ora rappresentano invece loro, da sole, lo scopo e insieme il destinatario di questa conversazione?

Te l’ho detto che mi ha scosso. Ma non ti preoccupare, magari domenica, nel tuo oggi, me ne sarò già scordata, sarò in giro a bere con Edo e mi starò già preoccupando di cosa scrivere la prossima settimana.


Saluti

Questa newsletter è una mia velleità che si parla addosso di domenica anche quando non è domenica. E lo fa anche su contenitori che non sono più contenitori, come Instagram e facebook. Non se ne esce.

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