Non lo vedi che ci sono le strisce?
Questa newsletter è una mia velleità che indaga su demoni e prepotenze.
Sotto casa mia ci sono delle strisce pedonali gialle, in teoria temporanee ma ormai stabili da quasi un anno, messe lì per lavori che stanno facendo poco più avanti sulla via. Sono evidentissime, sgargianti e c’è anche un bel cartello a segnalare l’attraversamento. Si trovano però pochi metri prima di un incrocio su cui si ha la precedenza, e per questo motivo, o forse per il loro colore che ricorda il simbolo del turbo nei videogiochi a tema macchine, vengono interpretate dagli automobilisti come l’occasione più ghiotta per accelerare.
Il consiglio prezioso
You got a fast car: Non stai mai davvero guadagnando tempo.
Riflettevo
La mia è una via stretta, non troppo trafficata, quindi spesso riesco a raggiungere il marciapiede opposto senza grandi rischi, ma quando passa una macchina so bene che devo cederle il passo se non voglio finire all’ospedale.
In cambio, il più delle volte, ricevo dall’automobilista un gesto che non so se è tipico di Roma o internazionale, una mano alzata, accompagnata da un dondolio del capo, che dovrebbe significare “scusa, so che dovevi passare tu ma purtroppo ho un demone in corpo che mi spinge a esercitare una prepotenza”.
È un gesto che, se lo togli dal contesto della lotta stradale, è poco più di un saluto fatto a qualcuno con cui non si ha voglia di fermarsi a parlare, al quale io, se sto in buona, rispondo “ciao” e rido ma quando la giornata non è delle migliori reagisco urlando “IL CAZZO”, che non è un’imprecazione frequente, precisa, rodata, eppure è l’unica che mi sembra si abbini bene al gesto che ricevo e al fastidio che mi crea.
La cosa più strana però è il mio comportamento quando quelle strisce vengono rispettate, quando mi trovo nella rarissima condizione di poter attraversare perché la macchina che sta arrivando non è ancora abbastanza vicina da falciarmi, se provo a mettere un piede sulla strada, e trovandosi me davanti, già al centro della carreggiata, è costretta a farmi passare.
Ecco, lì il demone della prepotenza ce l’ho io, innescato certamente da un accumulo di frustrazione, e questo demone mi dice di andare piano, pianissimo, di prendermi tutto il tempo, di starci minuti infiniti su quelle strisce. Non mi basta che la macchina abbia rallentato, si deve fermare, deve rimpiangere di aver imboccato la via, deve riconoscere che il mio diritto su quel pezzo di asfalto domina sul suo, che non sono sempre io a soccombere, che io esisto e resisto.
Cos’è ‘sto demone? Perché quando ci succede di sfangarla poi non ci basta? Perché abbiamo bisogno di incarnare un monito o di mettere su quel sorrisetto pago da vincenti che inverte i ruoli di una sopraffazione?
Ti dico di più, oggi mi sento di generalizzare, secondo me la provi spesso anche tu questa sensazione, magari non sulle strisce, magari quando si scopre che avevi ragione dopo che chiunque ti ha dato torto, o quando ti sono andate male le cose per lungo tempo e poi una luce, una soddisfazione in un mare di sfighe ti fa alzare la testa e dire ce l’ho fatta, sucate tutti, vi odio.
Cioè, non siamo veramente felici in quel momento in cui ci sta andando dritta una cosa, c’è forse più rabbia, più cattiveria di prima, di quando aveva senso forse provarla ma la paura o anche un semplice calo di energie ce lo impediva. E quindi osiamo.
Ci penso oggi in particolare perché ho visto il video in cui Chiara Ferragni ci spiega come è riuscita a sfangarla nel caso Pandoro. E non è la Chiara delle scuse in tuta grigia, è una Chiara che ha rialzato la cresta e, con un tono e una faccia stracolmi di boria, che non ha mai, neanche quando sguazza nel lusso e si gode la vita, ci dice che l’Antitrust ha chiuso il caso accogliendo il suo impegno a versare una somma stratosferica, che però, attenzione, “è una donazione e non dunque una sanzione”. Questa frase, e in particolare il “non dunque una sanzione”, la dice con lo stesso tono con cui io a sette anni dicevo a mio fratello che ero più brava di lui a ballare.
Ora io non sono una fan di Chiara Ferragni ma non sono neanche una detrattrice, non la odio e non la ammiro. E, per dirti quanto sono in buona fede, pur ammettendo di provare invidia per quello che ha, non mi interessa granché se pagherà o no il giusto per errori e magagne. Mi interessa invece parecchio questo suo aggrapparsi a sé stessa per ottenere una rivalsa. Il centrare tutto sul proprio diritto a stare sopra, a non sentirsi lesa. Sto pagando, sì, ma non sono stata punita, sucate tutti, vi odio.
Poi ci dice altre cose nel video, sulle attività benefiche che continuerà a fare e sul fatto che le sue società applicheranno d’ora in poi regolamentazioni interne per il corretto svolgimento delle attività di comunicazione e di marketing.
Nella story c’è anche il link al comunicato, e io vado a leggermelo, perché no, mi incuriosisce, ma appena apro la pagina mi trovo un enorme “iscriviti alla newsletter” per ottenere uno sconto del 10% sugli acquisti e, una volta chiuso il banner, con non poche difficoltà peraltro, finisco sul benedetto comunicato, coronato però anche questo da un altro banner che pubblicizza la spedizione gratuita oltre un certo ammontare di spesa.
Chià, ma mi stai facendo marketing pure sulla nota stampa in cui dici che vuoi essere più attenta quando fai marketing? Lo vuoi frenare ‘sto demone? Non lo vedi che ci sono le strisce?
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Forse l'unico colore di borsa che mi manca.
Intrend - € 27 in saldo
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità che, quando non si ferma, attraversa comunque con cautela.
Io la vedo così: il demone - che esiste eccome - è una sorta di percezione inconscia del fatto che, se si fermasse per farti attraversare, il tizio dovrebbe mettere in questione un intero sistema basato su violenza e sopraffazione (ai più noto col nome di "Roma"), e così facendo rischierebbe di trovarsi esitante, impreparato, o anche solo lievemente rallentato, alla successiva occasione di scontro (e ce ne sono a migliaia ogni giorno, non solo in strada), e di essere così inevitabilmente sopraffatto, schiacciato, masticato e risputato.
Il gesto della mano alzata è, dunque, un invito al mutuo riconoscimento, al sapersi entrambi pedine di un gioco infernale più grande, in cui solo casualmente a te tocca oggi il ruolo di pedone e a lui quello di automobilista. Che poi ci sia un fondo di senso di colpa, in questa reazione, mi pare evidente: la mano alzata vuol dire pure "scusami, sono un vile e non ho la forza di sottrarmi alle leggi disumane di questo universo concentrazionario, per questo ti metto sotto - o comunque ti faccio sentire come se potessi essere messa sotto in ogni istante - ma questa violenza non è cosa mia, è generata da questo sistema a cui non riesco a oppormi; abbi pietà della mia umana debolezza e amami come un fratello anche se a momenti ti stacco un braccio".
Questo spiega anche lo speculare atteggiamento di rivalsa che si impadronisce di te quando riesci a conquistare le strisce. Perché a quel punto non stai solo imponendo la tua affermazione personale, ma - come una specie di Rosa Parks dei pedoni - stai sfidando un intero universo di valori (più o meno forzatamente) condivisi. E si sa che gesti del genere hanno sempre una risonanza politica.
Non fa una grinza!!! Logica da sillogismo!!!