Giovedì mattina mi sono svegliata presto perché il giorno prima mi ero dimenticata di disattivare la sveglia. Avrei dormito di più volentieri, considerato che era festa e che la sera prima ero andata a vedere uno spettacolo e avevo fatto un po’ tardi. Ho anche provato a riaddormentarmi ma un rombo nel cielo mi ha fatto sobbalzare. Mi sono alzata in fretta biascicando dai che quest’anno ce la fai a vedere le frecce tricolori. Sono corsa alla finestra e ho visto solo l’elicotterone giallo che non so se è della polizia o della protezione civile ma che di solito, quando ti passa sulla testa, non significa nulla di buono.
Il consiglio prezioso
The closer you think you are, the less you'll actually see: Spesso gli occhiali non ti servono.
Riflettevo
La voglia matta di vedere le frecce tricolori è una di quelle cose che devo sempre spiegare. Perché quando la manifesto la gente pensa che sia una battuta, dato che a quanto pare non è una voglia molto diffusa. Ma io la spiego volentieri perché sono convinta che abbia una bella radice. E questa mia convinzione mi inganna sempre e mi porta a scommettere che, appena finirò di spiegarla, la persona a cui la sto spiegando si scioglierà in un sorriso tenerissimo e mi abbraccerà. E così spiego.
Quando ero piccola o adolescente, non mi ricordo, a un certo punto a Crotone arrivarono le frecce tricolori. E fu un evento, perché noi su quel cielo lontano di una città sul mare, a 600km dalla capitale, 600km pure difficili da percorrere, quindi ancora più lontani del normale, non le avevamo mai viste passare. E insomma c’erano le frecce tricolori e non so dove, e non so neanche se è vero, avevano addirittura montato degli spalti. E mentre io stavo seduta a guardare in alto, quei piloti in cielo facevano acrobazie pazzesche e ancora non esistevano le scie chimiche, quindi il fascino di quegli enormi ghirigori colorati su sfondo azzurro era puro. E non pensavamo più di tanto neanche all’inquinamento, c’era solo da guardare, senza giudizi ulteriori, senza complessità. E io in più ero completamente in fissa per Top Gun, lo guardavo a settimane alterne in videocassetta, senza pensare a trama, stile di regia, sottoculture, lo guardavo solo perché Tom Cruise era bono e non era ancora il dio di Scientology. Puoi capire quanto mi rendeva felice vedere le frecce tricolori? È un bel ricordo e secondo me, se le riguardo, posso riprovare tutte quelle sensazioni libere di stupore, entusiasmo e partecipazione che fatico a trovare di recente.
Stai sorridendo? Dal vivo, di solito, quando attacco questo pippone, non sorride nessuno, e se qualcuno sorride è per mettere una distanza, è per dire madonna santa, ancora là stai? No, non sto lì, lo so benissimo che non sto lì. Però l’idea di poterci tornare per pochi minuti, un giorno all’anno, schifo non mi fa.
E sebbene abbia trovato nel frattempo altro da guardare, mi rendo conto che quel gusto che c’era nel guardare e basta un po’ l’ho perso. E non lo so se l’ho perso io perché ho 40 anni o se sono cambiate le regole mondiali di come si guarda, a prescindere dall’età. Se in generale ormai ci sono sempre più strati, c’è sempre qualcosa in più, qualcosa che non va, qualcosa che significa qualcos’altro, qualcosa che poi chissà se finisce, cambia, fa il giro e non si può più guardare.
Ma ormai è giovedì, sono sveglia senza motivo e vediamo se la risposta a questo cruccio la trovo proprio guardando le frecce tricolori. Così mi impunto e mi collego alla diretta live della parata, in modo da capire se ‘ste frecce sono già passate o se devono ancora passare.
E scopro un sacco di cose, ad esempio che esiste la banda della guardia di finanza che, per carità, perché mai non dovrebbe esistere ma io non ci avevo mai pensato e non ci avevo mai pensato perché se ci penso mi accorgo che non ha senso che esista. Ecco, lo vedi, guardo ma non guardo, guardo e penso, mi chiedo, contesto. Oppure mi compiaccio, perché vedo una gran presenza di militari donne e poi però arriva anche l’altro pensiero, occhio agli alpini ragazze. Ah no, sono i bersaglieri, che sfilano al ritmo del flip flop, e googlo subito bersaglieri flip flop e scopro che è flik flok in realtà. Meno male che c’è google, se fossi lì a guardare dal vivo non avrei potuto controllare. E mentre torno sulla pagina principale della diretta mi rendo conto che per poco non mi perdevo Draghi, per la prima volta super allegro, che batte le mani su questo travolgente flip, no, flik flok. E c’è anche Gualtieri, guarda, il sindaco che ci sta facendo ghosting.
E poi penso al caldo che provano tutti, con quelle uniformi pesantissime, ma che prova pure quel cagnolino, il cui ruolo nella parata mi è completamente oscuro, che dovrebbe andare dritto e invece si rifugia all’ombra. E anche quei cavalli, poverini, alcuni non portano su solo il militare, ma pure lo strumento musicale del militare, persino dei tamburi, o percussioni, come si dirà? Perché esistono le bande a cavallo, tu lo sapevi? Corro di nuovo su google per cercare sia banda a cavallo che tamburo. Ma ci vado anche perché questa parata dura un botto ed è difficile non distrarsi.
Mi sorge il dubbio di star perdendo tempo: non mi sto godendo la giornata per stare chiusa in casa, e se sto chiusa in casa potrei almeno approfittarne per scrivere la newsletter. Guardo fuori dalla finestra e c’è un altro elicottero, non quello giallo, questo è scuro. Oddio ma che fa, si sdoppia? Ah no sta sputando fuori un paracadutista, eccone un altro, uh sono tre. Prendo il cellulare e faccio subito una foto.
Che merda.
Torno allo schermo. Ecco, qui sì che si vede bene. Meglio lo schermo.
Ma come meglio lo schermo? Davvero è meglio lo schermo? Ma se è meglio lo schermo allora faccio bene a restare a casa. E chi se ne frega di sprecare questa bella mattinata. Chi se ne frega dello spreco.
Chi se ne frega dello spreco di tempo, va bene, ma come la mettiamo con lo spreco di carburante di tutti questi elicotteri e macchine e camionette? In un momento come questo poi, con una crisi energetica alle porte. Ah vero, c’è la guerra a un passo, ma allora la parata militare significa pure qualcos’altro? Ci sono altre cose che devo considerare?
Lo vedi? Io volevo solo guardare le frecce tricolori ma ormai non si può più guardare nulla. Non è guardare, è sempre e solo pensare, considerare, condannare, giustificare. Non ci si può godere più niente, ci sono sempre letture ulteriori, informazioni mancanti, approfondimenti che deviano, premesse e conseguenze, premesse e conseguenze.
E accuso un po’ di stanchezza e penso che la sera prima ho fatto tardi perché sono andata a vedere lo spettacolo di Louis C.K. e poi ho passato ore e ore nel letto a cercare di capire cosa avevo visto. Ad ammettere che non me lo sono goduta fino in fondo, anche se era un bello spettacolo, anche se mi ha fatto ridere. Perché mentre guardavo avevo un filtro, anzi più di uno: quello della sua storia, del MeToo, della cancel culture, e degli occhi diversi con cui lo guardo da quando ho scoperto che si masturbava davanti a colleghe più giovani in soggezione. È stata una gran delusione allora, ed è stato anche complesso dover elaborare e capire davvero per la prima volta che quelle erano molestie. E, quando l’abbiamo capito, abbiamo poi dovuto spiegarlo a qualcun altro che non lo riusciva a capire, che continuava a dire imperterrito che non può essere molestia se ha chiesto prima il permesso, se loro sono rimaste lì a guardare e basta senza essere costrette. E però no, non stavano guardando e basta, ormai non esiste più guardare e basta. Loro stavano pensando che schifo, che disagio, che roba è, ma soprattutto stavano pensando a come uscirne senza far incazzare il maschio di potere. E poi sono uscite e si sono lamentate e sono state messe a tacere da un altro maschio di potere, l’agente di Louis C.K. E poi, mille anni dopo, tutte le donne hanno iniziato a lamentarsi e denunciare insieme, e allora l’hanno potuto fare pure loro.
E, ora che quell’onda si è sgonfiata, ecco che la guardiamo con distanza, e guardiamo quello che ha lasciato e quello che ha cancellato. Perché ne ha cancellati tanti. E forse Louis C.K. non è stato del tutto cancellato ma di certo a me sembra sbiadito. Sì, sicuramente non riesco a eliminare dal comico grandioso la tara dell’abuso che ha commesso, ma ho la sensazione che non sono solo io, anche lui è diverso, anche lui la tara la sente, anche lui ha un filtro che lo rende un po’ appannato. Eppure mi ero ripromessa di sforzarmi, di godermi lo spettacolo e basta, di guardarlo e basta.
Come mi ero ripromessa di guardare le frecce tricolori. Non ci credo, eccole che passano! Dove sono finite, non ho potuto neanche fotografarle. Rimetto la diretta e rieccole che spuntano anche dalla finestra e quindi le guardo un po’ dalla finestra e un po’ sullo schermo. Ma anche quelle che sono visibili dalla finestra comincio a guardarle attraverso uno schermo, quello del cellulare. Devo fare una foto decente, devo farla per la newsletter. Perché forse tutto quello che sto guardando e rielaborando e a cui sto applicando filtri e schermi finirà nella newsletter. E sarà guardata da qualcun altro, attraverso il suo schermo e il suo filtro.
Ma c’è una frazione di secondo in cui sposto il cellulare, perché è ormai impossibile inquadrare gli aerei, ce li ho sopra la testa, troppo in alto, e stanno per scomparire sopra il mio palazzo, e in quella frazione di secondo vedo le loro pance colorate e urlo che belle, sono colorate, non è emozionante? E Marito, che nel frattempo si è svegliato un po’ confuso tra scie, rombi e applausi che non si sa se arrivano da dentro o fuori casa, mi risponde no amore, per me non è emozionante.
Ma che cazzo stava guardando?
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
The Inside Outtakes - Bo Burnham
Un anno fa ti consigliavo Bo Burnham: Inside, lo speciale comedy di Bo Burnham, che allora mi aveva entusiasmato alla follia, ma anche turbato profondamente. E adesso Bo Burnham ha pubblicato un video con circa un’ora di scene tagliate dello speciale dell’anno scorso. Ed è stato bello e spaventoso rituffarmi in quel delirio e in quel capolavoro senza tara, per ritrovare intatti entusiasmo e turbamento. Se non hai visto Bo Burnham: Inside non ha senso guardarti le scene tagliate. Ma non ha senso non aver visto Bo Burnham: Inside. Dai, su.
Pinkabbestia
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Saluti
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