Sì, vedo nero, ma non in quel senso. Ho un taglio di capelli ingovernabile ma la sto prendendo bene. E sono stata pure a casa con l’influenza per più di una settimana, ma anche questa l’ho gestita, perché quando sto male mi deprimo un po’, non esco da casa né dal pigiama per giorni, ma non vedo mai comunque del tutto nero, non provo mai uno sconforto serio, grazie a quell’ansietta di guarire che mi regala sempre una voglia di rinascita. E quindi, no, ecco, non vedo tutto nero in quel senso lì.
Il consiglio prezioso
It’s not just fear: Allenati anche a disapprovare.
Riflettevo
Il nero che vedo è un altro tipo di nero. È quello che prima e durante le elezioni non ho temuto forse abbastanza perché, mi dicevo, ti pare che torna davvero il fascismo? E infatti non è tornato esattamente il fascismo, la premier non ha assunto pieni poteri e non ci ha ancora pestato tutti per strada. E quindi non c’è da esagerare con previsioni catastrofiche, siamo d’accordo, eppure boh, a me sembra si avverta comunque un po’ più di nero in giro.
E mi puoi anche contestare il concetto di “in giro”, perché il mio in giro può essere diverso dal tuo, per carità: magari la mia bolla mi impedisce di vedere con lucidità quello che succede all’esterno. E io in più sono stata anche una settimana chiusa in casa, che vuoi che ne sappia di cosa succede in giro.
È vero, lo riconosco senza problemi: il mio unico contatto con l’esterno per giorni e giorni sono stati tv, telefono e computer. E però a me, proprio da questi strumenti del demonio, sono arrivati contenuti neri, cose nere, tutte nere. E in parte mi sono arrivati dal governo, da alcune delle posizioni che ha deciso di assumere e che appaiono effettivamente sui toni del nero. Ma, fammi dire la verità, quelle del governo non sono ancora cose nere nere, per riconoscerle come nere serve un livello almeno base di pensiero critico. Sono piuttosto sfumate per ora, se il nero può avere delle sfumature, e non dichiaratamente nere, ecco.
Più nere e più nette, invece, sono quelle che mi arrivano da dove non me l’aspetto. E stanno dentro a un video di una concorrente del Grande Fratello che canticchia faccetta nera mentre si trucca, o dentro a una puntata di Ballando con le stelle in cui Montesano indossa in prima serata la maglia della X Mas.
Ovviamente mentre scrivo X Mas penso all’abbreviazione di Christmas. Come ha fatto a sfuggirmi finora? Cioè, tu ci avevi già pensato che X Mas è tanto simile a Merry Xmas? Io mai fino a oggi. Che peccato, quante battute avrei potuto fare. Perché si possono fare un sacco di battute su queste cose nere. Tante eh. E tante infatti di solito ne faccio e ne sento. Anche faccetta nera si può cantare per ridere, per scherzo, proprio perché è assurda e ti è estranea, e quindi la canti anche a mo’ di scherno nei confronti di chi ci crede davvero, e non fa male se la canti tu, mica ci credi tu, mica sei fascista.
Ma io che ne so però di qual è l’intenzione reale di chi la canta in tv? Chi la canta mentre si trucca ci crede davvero? Ci si riconosce? Oppure è abituata a cantarla per perculare chi ci crede e allora le scappa mentre si trucca e non si rende conto che chi la guarda non sa come giudicarla?
E mi viene un dubbio ulteriore. Può essere che lei non la canti né per appartenenza né per distanza? Cioè, può essere che lei non abbia proprio idea di cosa cazzo sta cantando?
Nel caso della maglietta di Montesano, ad esempio, non è che lui sia piombato all’improvviso sul palco in diretta esponendo simboli fascisti. Le immagini incriminate sono nelle registrazioni delle prove, che vengono però mandate in onda in ogni puntata durante la diretta. E prima di mandarle in onda quelle immagini sono state sicuramente visionate da qualcuno. C’era gente che lo riprendeva e che non se ne è accorta, poi gente che quelle immagini le montava e non se ne è accorta, e poi gente che le guardava, questa volta durante la diretta, lì in studio, e anche questa gente non se n’è accorta. Insomma, non è che ci si faccia caso per forza, ecco.
E però poi qualcuno più attento ci fa caso ed ecco che esplode tutto. E per fortuna, mi dico. Per fortuna, sì, perché, se fino a qualche tempo fa queste cose non mi colpivano e le archiviavo con un che mi frega se c’è un ignorante super fascio in giro, ora sono decisamente più incline ai ragionamenti su cosa si possa e non si possa dire nella vita e in tv.
Quello che è cambiato adesso è che, seduta su tantissimi divani diversi, a guardare quei simboli neri buttati là a caso in tv, c’è gente che in quei simboli ci si identifica sul serio.
Questa gente c’era pure prima, lo so. Ma prima non ci pensavo perché stavo in una bolla. Ora invece mi sono resa conto che, fuori dalla mia bella bolla, quelli che credono al nero sono così tanti che hanno vinto le elezioni. E tutto quello che succede adesso succede in un mondo in cui il presidente del senato davvero c’ha i busti del duce a casa. E quindi la mia non è una bolla, sono proprio fuori dal mondo, si vede. E per rientrarci devo guardarli anch’io questi simboli che si intrufolano negli schermi, e devo continuare anche a scandalizzarmi se voglio che si allontanino inghiottiti da un mi è scappato o un ci è sfuggito.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Blackest black e pinkest pink
Adesso vedi nero anche tu, vero? Mi dispiace, giuro, ma fidati che non è gravissimo, c’è di peggio. Che c’è di più nero del nero, mi chiedi? Altro nero. Altro nero ma più nero, appunto.
Tipo il Blackest Black, il nero più nero al mondo, un materiale ideato qualche anno fa che è in grado di catturare il 99,995% di una qualsiasi luce incidente, e che è l’evoluzione del Vantablack, ideato nel 2014 da un’azienda di nanotecnologie. Quest’ultimo, un tessuto formato da nanotubi di carbonio, intrappola la luce rendendo indistinguibile un qualsiasi lineamento o una qualsiasi forma sulla superficie, tanto che a guardare si ha la sensazione di trovarsi di fronte a un buco nero.
Che poi il Vantablack aveva creato grandissimo entusiasmo all’inizio ma poi aveva anche fatto incazzare parecchio il mondo dell’arte. Sì, perché, non so se ti ricordi, ma a un certo punto, come un vero villain dei cartoni animati, l’artista Anish Kapoor aveva comprato il diritto d’esclusiva d’uso del Vantablack, impedendo così a qualsiasi altro artista di utilizzarlo e creando in sostanza un monopolio su un colore.
Ovviamente erano insorti un po’ tutti di fronte a questa mossa. Ma la reazione più bella, quella da cui dovremmo forse farci ispirare, specialmente in questo momento, l’aveva avuta un altro artista Stuart Semple, che aveva creato il Pinkest Pink (il rosa più rosa) e lo aveva reso disponibile a tutti tranne che a una sola persona al mondo: Anish Kapoor.
Una vendetta sì, ma a colpi di colore, di rosa poi, che sollievo.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Ovviamente un vestito nero. Poi se ci facciamo rientrare pure il black friday chiudiamo il cerchio.
Monki - € 50
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità, una cosa rosa che prova a non vedere nero. Condividila in giro per diffondere colore.