Vax o no vax?
Questa newsletter è una mia velleità che si è fatta la seconda dose di vaccino e spera vivamente che serva.
Confusione
C’è una cosa di cui vorrei tantissimo parlare con te ma non so se la prenderai bene. E per prenderla bene intendo darmi ragione. Non so se mi darai ragione, ecco. Perché mi sembra che non ci capiamo più. Non io e te nello specifico, tutti quanti non ci capiamo. Non ci capiamo in generale. Nessuno capisce più nessuno.
Che non è una novità forse, però un garbuglio così intricato io non me lo ricordo onestamente.
Mi sono fatta iniettare due dosi di un vaccino che, è vero, ha avuto tempi di sperimentazione pressoché nulli (siamo noi la sperimentazione) e l’ho fatto per il mio bene, per il bene delle persone più a rischio con cui entro in contatto e per il bene di tutta una società che se non riparte muore. Finisce.
E sì, avrei preferito una soluzione certa, sicura e senza alcuna conseguenza, più rapida anche, ma non l’abbiamo trovata. Abbiamo deciso di vaccinarci. Con il vaccino che siamo riusciti a realizzare, nei tempi in cui siamo riusciti a farlo, nella speranza che non sia un flop.
E non è la soluzione migliore, sono d’accordo, è proprio l’unica sul tavolo al momento.
Il consiglio prezioso
Let’s compromise: Sii d’accordo con me.
Paura
E vorrei essere solidale con chi ha paura del vaccino. Non so se ci riesco davvero ma la paura la capisco bene, quella ce l’abbiamo anche noi che ci vacciniamo.
Io poi le paure non le condanno mai, perché convivo con un sacco di paure e so quanto siano difficili da affrontare. Non guido per esempio, per paura. E anche se non è una paura del tutto irrazionale – perché un sacco di gente muore in incidenti stradali e alcuni muoiono investiti da altri che guidano – agli occhi di chi guida (tutti) sembro una matta, nessuno mi capisce davvero.
Per cui le paure, appunto, le capisco e capisco anche il disagio di non essere capita. Ma se adesso scendessi in piazza a chiedere di liberare le strade dalle macchine perché io ho paura (ripeto, una paura più che fondata, statistiche alla mano) mi capiresti? O la paura è la mia e me la devo gestire io, visto che la società si è evoluta in questo modo, con tante macchine che sfrecciano, tanta gente che guida di merda e commette effrazioni pericolosissime?
Ok, i no vax (e sulla definizione di no vax ci torno) non scendono in piazza con lo scopo di impedire a me di vaccinarmi. Scendono in piazza per rivendicare la loro libertà di non farlo. Peccato che con la loro scelta (libertà) rischiano di mandare all’aria tutto il sacrificio che stiamo facendo noi, gli stronzi che si vaccinano e che magari soffriranno di effetti indesiderati più o meno gravi inutilmente, perché nel frattempo si diffonderanno nuove varianti che potrebbero riportarci indietro alla limitazione degli spostamenti, all’impossibilità di uscire dal proprio quartiere, alla clausura.
E può anche essere che questi vaccini ci danneggeranno in qualche modo, ma stiamo andando incontro a questi danni sperando di salvare un po’ di quelle libertà a cui abbiamo rinunciato per un tempo troppo lungo.
E in questo momento vorrei mettere anch’io la mia libertà al primo posto. Quella di sperare nel processo di immunizzazione, riduzione degli effetti letali del virus, ritorno a qualcosa di simile alla normalità. Una normalità con tantissimi difetti, che negli anni abbiamo contestato per moltissimi dei suoi aspetti, ma che ci manca da morire e che se non me la ridate vi rigo tutte le vostre macchine di merda.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Lotta
Perché l’abbiamo contestata tanto quella normalità, è vero. Prima che cambiasse tutto – tutto – abbiamo criticato gran parte delle storture della società in cui vivevamo. Siamo anche scesi in piazza, ci siamo battuti per un mondo più accettabile.
E sai una cosa? Chi scende ora in piazza ce lo rinfaccia pure. Vi battevate tanto per contestare il regime, il potere, la dittatura e ora invece state zitti e vi fate imporre qualsiasi cosa e vi fate iniettare chissà cosa senza battere ciglio!
Sono stronzate: la critica alla globalizzazione, le lotte per i diritti, le manifestazioni per la pace non c’entrano davvero nulla coi vaccini. Ma soprattutto nessuno mi sta imponendo nulla. Io semplicemente non vedevo l’ora di farlo, il vaccino. E sarei stata ancora più contenta se l’avessero fatto tutti. Perché funziona in teoria solo se lo fanno tutti. Tranne quelli che non possono, che vanno protetti da noi che ce lo facciamo.
No, nessuno sta obbligando nessuno. Forse ora si sta cercando di spingere i più recalcitranti, quello sì, ma non si obbliga nessuno. Eccetto il personale sanitario e poche altre categorie, è vero, ma tutto sommato mi sembra ragionevole impedire che gli ospedali, le case di cura, magari anche le scuole, continuino a essere i principali luoghi dove si attenta alla salute delle persone e si paralizza tutto il mondo, no?
Per il resto si sta solo chiedendo a chi non ha voglia di fare il sacrificio di vaccinarsi di non andare al cinema per un po’, di mangiare in compagnia solo all’aperto, di vivere un po’ di disagi in più rispetto ai vaccinati, ma molti di meno rispetto a quelli che vivremmo di nuovo tutti se si tornasse al lockdown.
Non è un vero obbligo. Ha il sapore del ricatto, sì, lo riconosco, è un mezzuccio. Perché figurati se gente che ha detto di no al vaccino, con quello che c’è in ballo, poi cede per uno spaghetto alle vongole al chiuso. Che poi in fondo un po’ sì, qualcuno cede: con il green pass le prenotazioni per il vaccino sono decollate.
Ma non cedono tutti ovviamente: ci sono persone più tenaci, più fedeli alle proprie idee. C’è ad esempio Eric Clapton che si rifiuta di tenere concerti in luoghi dove sarà richiesto il green pass, perché non vuole assecondare questa discriminazione. Ti stupirò, secondo me ha ragione: non faccia più concerti, è un suo diritto.
Io però, che sto palesemente nella squadra avversaria (perché mi sembra chiaro che siamo diventati avversari), ho preferito leggere della riapertura di Broadway, dopo 16 mesi di chiusura dei teatri, con il concerto di Bruce Springsteen, aperto solo ai vaccinati. Ovviamente ci sono state contestazioni da parte di chi non si vuole vaccinare ma a me non interessa, a me interessa che ripartano i concerti. Neanche mi piace Bruce Springsteen, figurati.
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Confronto
Ma questa contrapposizione a chi fa bene? Ad alcuni politici sicuramente. Per il resto non fa bene a nessuno. E lo scontro andrebbe evitato. Ed è per questo che, con una mano sulla coscienza, faccio di tutto per non litigare con chi è contrario al vaccino, provo a capire chi ha paura e cerco in qualche modo di mostrare solidarietà.
Del resto adesso l’invito è a non alimentare questo conflitto, ovviamente l’invito è rivolto a noi che ci vacciniamo perché, come per una specie di psicologia inversa, la contrapposizione porterebbe a una radicalizzazione delle posizioni no vax.
E io quindi continuo a sorridere, a dire che capisco, perché devo capire. Io devo capire. E in teoria non dovrei neanche usare l’espressione no vax. Perché chi è contrario al green pass non è no vax. Non si vuole vaccinare ma non è no vax. Cioè, qualcuno sì, è proprio no vax, ma altri sono scettici solo rispetto a questo vaccino o rispetto a questa soluzione, perché ci sono ancora dubbi, perché la sperimentazione è stata troppo breve, perché le notizie sono state date a cazzo di cane come mai nella storia dell’umanità.
Però c’è qualcosa che questi “non no vax” hanno in comune coi no vax e che io fatico a digerire: i toni. In una conversazione diretta con una persona singola che la pensa diversamente da me sono bravissima, paziente, aperta. Ma se apro facebook, o guardo un video in cui qualcuno spiega perché non vuole vaccinarsi, urlo. È automatico. Perché i modi con cui vengono manifestate queste paure o queste scelte sono irritanti. Leggo post in cui mi si spiega la vita con un linguaggio provocatorio, litigioso. Guardo persone farneticare su quanto siano informate a differenza di tutta la massa di pecoroni che si vaccina e che si sta facendo prendere in giro dai – diamine – poteri forti contro i quali ha smesso di combattere.
E non dovrei arrabbiarmi ma è più forte di me. Perché questo essere ferratissimi, questo saperne più degli altri, questo essere così certi di quello che si dice, a me sa sempre un po’ di Dunning-Kruger: le persone meno esperte sono quelle meno consapevoli della propria ignoranza. Il problema è che a queste persone è difficile che sorga un dubbio o la tentazione di cambiare idea. Anche perché hanno sempre a portata di mano articoli e scienziati controcorrente, o un amico che ha svelato loro un segreto che nessun altro sa. E non importa se è ormai dimostrato che nessuna notizia ha senso in questo momento. Se vengono tutte smentite, cambiano, si contraddicono. Non importa neanche se queste notizie citano studi di cui non possiamo capire quasi nulla, perché non abbiamo alcuna competenza in materia. Loro sono sicuri e sono pure incazzati.
Ma io no, non devo arrabbiarmi. Ora non è il momento di giocare a chi ne sa di più o a chi è più intelligente, è il momento di stare tranquilla. È il momento di fare quello che stiamo facendo, con tutti i dubbi e le paure che abbiamo, con tutte le incertezze e l’aleatorietà di quello che ci viene detto.
Perché per una volta io voglio solo seguire il gregge, voglio starci nel gregge e spero che il gregge cresca. Perché il gregge questa volta è lo scopo, la possibile soluzione.
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità che oggi sa di essersi impuntata. Ma tu la perdoni e la capisci, come si fa con qualcuno a cui si vuol bene.