Ti ricordi?
Questa newsletter è una mia velleità che oggi si perde in chiacchiere per non perdere la memoria.
Tra pochi giorni è quasi un anno che ti scrivo. O meglio, che scrivo questa newsletter. Perché tu hai iniziato a leggermi più tardi. All’inizio io ti scrivevo ma non sapevo di scrivere a te. E quindi quello che scrivevo non te lo inviavo, e lo lasciavo lì a prendere confidenza col mondo esterno perché pensavo ci fosse una grande differenza tra il mostrarmi a un generico mondo esterno e il mostrarmi a te.
Poi ti ho detto di dare un’occhiata e dirmi se potevo scriverti tutte le settimane. Oppure no, tu l’hai scoperto in autonomia e la cosa è venuta da sé.
Però non importa davvero in che giorno hai ricevuto per la prima volta la mia email. La data che conta è quella in cui ho aperto questo canale, in cui ho iniziato a porre le basi per mettermi in contatto con te, e quella data è il 2 ottobre 2020.
Fra sei giorni è un anno.
Ora, la data in sé per me è strana. Davvero strana: il 2 ottobre sarà anche il mio anniversario di matrimonio. Il nostro anniversario, scusa Marito. E il fatto che queste due ricorrenze coincidano mi destabilizza un po’.
Sì, da un lato mi sento in colpa a rubare la scena a un evento così importante per me e Marito (quest’anno saranno 5 anni). Ma alla fine neanche troppo, lo faccio sempre, mi metto spesso al centro. E a Marito, che non ama i riflettori, secondo me fa anche comodo.
Quello che è super strano è che io proprio non associo l’inizio di questa newsletter all’anniversario di matrimonio, allo scorso anniversario. L’ho realizzato solo adesso, controllando la data della prima pubblicazione. Ma non mi ricordo affatto di aver iniziato in quell’occasione. Mi suona strano, appunto. Ho la memoria un po’ confusa.
Il consiglio prezioso
Drumroll: Che consiglio? Di che parli?
Riflettevo (tanto)
E questa cosa che la memoria è tutta sempre confusa, che le date non hanno più senso, che non si riesce più a distinguere tra i ricordi, sta diventando davvero troppo frequente, sia come fastidio sia come argomento di cui ti parlo.
Sai bene che spesso addebito questo fenomeno ai ritmi strani che abbiamo subito con pandemia, lockdown e limitazioni. Però boh, comincio a pensare che non può essere solo questo. E quindi mi chiedo “che cazzo succede alla mia memoria?”.
Perché non ha a che fare solo con gli eventi: io non ho più riferimenti, non so più niente, neanche un nome, un titolo, una coordinata, è un macello.
E non sono l’unica. Ieri ho preso un caffè con degli amici e la conversazione, durata ore, era l’equivalente di una partita a Taboo:
L’hai visto quel film, come si chiama, con quell’attrice, dai, lei, che ha fatto quell’altro film molto bello in cui aveva i capelli diversi però, il regista è lo stesso di quell’altro film, il remake di quello vecchio, l’ho visto proprio ieri, sì il regista ha fatto mille film bellissimi, alcuni strafamosi, nel cast c’è pure coso, e mi sa che ha vinto pure qualche oscar, no?
Ecco, diventa difficile.
Ma anche facilissimo in realtà, perché poi vai su google e passa la paura.
E sì, certo, la soluzione è anche la causa del problema. Se non ci ricordiamo niente è perché non abbiamo più necessità di memorizzare le cose. Perché non c’è mordente nel memorizzare il cast di un film, il titolo di una canzone, la data di un evento, quando sai che basta un secondo per ritrovare un’informazione. E, soprattutto, il costante overload di informazioni ci rende difficile concentrarci, dedicare la giusta attenzione alle cose e quindi ricordarle.
Io però sono sempre respingente nei confronti dei discorsi che condannano il progresso, quelli che nel presente è sempre tutto sbagliato, che il passato è sempre più roseo, che le vecchie generazioni sono meglio delle nuove e che le vecchie abitudini sono più salutari di quelle attuali.
E quindi ho cercato una teoria che li smentisse o che almeno spostasse un attimo il focus, e l’ho trovata. Si tratta di uno studio che esplora la funzione di memoria transattiva che la tecnologia ha assunto nella nostra vita.
Alla base dello studio ci sono alcuni esperimenti. Uno, in cui è stato chiesto ai partecipanti di digitare al computer una serie di frasi. A metà del campione è stato detto che i documenti contenenti le frasi sarebbero stati salvati, all’altra metà è stato detto il contrario. Bene, gli appartenenti al primo gruppo hanno avuto maggiore difficoltà a ricordare le frasi che avevano scritto.
Nel secondo esperimento è stato invece chiesto ai partecipanti di scrivere alcune frasi su dei file che sarebbero stati poi salvati in determinate cartelle. Quando è stato chiesto loro di ricordare le frasi e le cartelle in cui erano state salvate, per i partecipanti è stato molto più facile ricordare la posizione dei file nelle cartelle che non le frasi digitate.
Quindi, secondo questo studio, la tecnologia ha cambiato il modo in cui organizziamo le informazioni, nel senso che ricordiamo solo i dettagli a cui non avremo più accesso e diamo priorità al collocamento delle informazioni più che al contenuto delle stesse.
Ma questo risponde a un meccanismo naturale attraverso il quale i gruppi di individui si organizzano, come collettività, nel raccogliere e conservare le informazioni.
Cioè internet è diventato come quell’amico a cui chiediamo tutti i dettagli di quella specifica materia che noi non memorizziamo proprio perché sappiamo che quando ci servono possiamo chiederli a lui.
E per me fila: io ad esempio, da quando ho sposato un libraio, faccio sempre più fatica a ricordare quali libri ho letto, quando li ho letti e chi li ha scritti.
Insomma non è la tecnologia ad aver messo in moto questa tendenza. L’ha amplificata, sì, ma sappi che lo stesso identico effetto sul tuo cervello lo fanno anche i buoni vecchi appunti cartacei.
E per tirare ulteriore acqua la mio mulino, sai chi è che ti potrebbe aiutare a tenere in forma la memoria? I videogame.
Ed è sempre tecnologia, no?
Puoi anche rifiutare l’idea ma sembra che i videogame facciano bene, perché stimolano, e quindi allenano, l’ippocampo, quella parte del cervello che gioca un ruolo fondamentale sulla memoria.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
A costo di sudare, siamo a fine settembre e voglio indossare una camicia.
Ines de la Fressange per Uniqlo - € 69,90
Colpo di scena
Stai pensando che mi sono scordata un po’ di sezioni oggi. Ho fatto confusione secondo te.
No, ti sbagli, non è una distrazione.
È che mi sono resa conto di essermi dilungata troppo sul resto e non mi va di contribuire a un sovraccarico di informazioni che poi non ti fa ricordare più nulla di quello che hai letto.
Ci tengo alla tua memoria.
E mi piace l’idea di farne parte, in qualche modo, da quasi un anno.