Ti interessa?
Questa newsletter è una mia velleità ma non è che poi le velleità diventano passioni?
È un periodo che mi concentro su ciò che mi interessa. Ad esempio ho scoperto che mi piace scrivere questa cosa che ti arriva nella posta ogni domenica.
Da piccola facevo solo cose che mi piacevano e perché mi piacevano. Ma mi piacevano un sacco di cose e quindi mi ritrovavo a fare la qualsiasi. Sono poi arrivata a un cortocircuito, un po’ perché la scelta si ampliava così tanto da mettermi in crisi, un po’ perché crescendo aumentavano le responsabilità e diventava importante capire (e concentrarmi solo su) quello che ero brava a fare.
L’ansia iniziava a prendere le redini. E ora, da regina dei rimpianti, penso che mi sono persa qualcosa e l’ansia non è passata. E così, per dispetto, sto cercando di arginarla, convinta che quando tutto va male avere una cosa che fai solo perché ti va è terapeutico.
Sembrerà anche banale ma io, come tanta gente che conosco, non me lo chiedo neanche più cosa mi piace fare e sono arrivata al punto che, quando mi impongo di chiedermelo, non mi so proprio rispondere. Solo per fortuna, perché mi butto sempre a vanvera su esperienze nuove, mi è capitato casualmente di ritrovarmi a fare una cosa che mi piace. Scriverti un’e-mail appunto. Non storcere il naso, a me piace.
C’è quello che fai perché devi, quello che fai perché ti sembra giusto, quello che fai perché ti riesce bene e quello che fai perché ti va. Quello che rovina tutto è sempre l’obiettivo. Lo faccio per arrivare dove? Per ottenere cosa?
Il consiglio prezioso
Capricci: Assaggia di tutto. Anche qualcosa che hai già provato in passato e non ti è piaciuto. I gusti cambiano ma soprattutto il palato si allena.
Riflettevo
Ce l’avevo con l’obiettivo, no?
Una delle attività più appaganti ma anche più dure, totalizzanti, snervanti e faticose che ho fatto nella mia vita è la danza classica. In 13 anni di studio (e pianti, sofferenze, vesciche, rinunce) non ho mai ambito a diventare una ballerina. Ho due tette che fanno provincia e non ero neanche così brava: sapevo di non poter diventare un’étoile. Eppure mi piaceva da morire.
A 18 anni ho smesso e ora non ho grandissimi rimpianti, se non il dispiacere per un corpo che faceva movimenti alieni e ora soffre anche a star seduto. Il vero dramma però è che non ho più trovato nulla che mi invogliasse a fare così tanti sacrifici senza uno scopo concreto.
Se mi guardo intorno ci sono passioni fortissime e fini a sé stesse, che superano e non perseguono l’obiettivo del successo. Sono le mie preferite, quelle che invidio negli altri e che mi sono convinta negli anni di non avere.
Tipo il parkour. Una roba che non ti spiego e che se clicchi su questo link per sapere cos’è ti becchi un bell’Ok Boomer. Sebbene sia ipnotica da guardare, questa disciplina non l’ho mai veramente capita perché comporta moltissimi rischi e, ai miei occhi, nessuna solida gratificazione. Addirittura questi parkourist mattacchioni si sono opposti con tutte le loro forze all’inserimento del parkour tra le discipline olimpiche.
Nella scelta dei nuovi sport da introdurre alle Olimpiadi di Parigi del 2024, la Federazione Internazionale di Ginnastica ha spinto per far entrare questa disciplina nel programma, mentre le federazioni internazionali di parkour spingevano in senso opposto. E per me è tanto difficile da capire: sei un atleta, pratichi uno sport che, dopo un primo periodo di grande curiosità, ha perso visibilità e un po’ di gloria. Avrai una voglia matta di gareggiare e provare a vincere nel contesto agonistico di più alto livello? No. E sono io che devo provare a capire perché mi sa che hanno ragione loro.
Se ci si pone l’obiettivo del successo, e non l’obiettivo del piacere, ci si trova a fare tutto come un compito. E si perde il ludico: il tempo libero non è più tempo libero. In un contesto poi in cui già nel tempo libero ci troviamo a parlare di lavoro, fare networking per lavoro, seguire corsi legati al lavoro, finisce che ‘sto tempo libero ti manca e lo vai a cercare come una disperata. E ti rifiuti persino di andare a dormire perché non hai fatto niente di piacevole durante il giorno e vuoi rosicchiare del tempo a scapito del sonno. È il fenomeno del revenge bedtime procrastination, di cui sono stata vittima a lungo e che sto invece riuscendo a sconfiggere (salvo nelle giornate veramente di merda ma dammi tempo, sto lavorando anche su questo).
Come se fosse lunedì
Il proposito che ho rimandato la settimana scorsa
Mi devo iscrivere a un corso di cui ti parlerò, per ora no, rispetta il mio pudore.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Killing Eve
La serie più bella che ho visto nell’ultimo periodo è Killing Eve, una serie britannica del 2018. Sono arrivata tardi, lo so. Per rimediare ho macinato 3 stagioni in un binge watching da rischio ricovero e chiaramente attendo con ansia la prossima.
È una serie che ha i suoi difetti, qualche ingenuità e anche alcuni buchi di sceneggiatura. Ma mi è piaciuta lo stesso da morire, probabilmente grazie a Phoebe Waller-Bridge, che io considero dio e che è stata head writer della prima stagione.
Non so mai se devo accennarti alla trama quando ti racconto cosa ho visto/letto/sentito perché ho sempre il dubbio che l’abbia visto/letto/sentito anche tu. E quindi ti riporto la sinteticissima sinossi di Wikipedia:
Eve Polastri, una funzionaria dell'MI-5, inizia a rintracciare la talentuosa assassina sociopatica Villanelle. Entrambe le donne diventeranno ossessionate l'una dall'altra.
E poi ti dico cosa mi è piaciuto da pazzi: i personaggi femminili che sono preponderanti e sfaccettati, anche se estremi, ma che soprattutto non si esauriscono in quello che mostrano. C’è sempre qualcosa che ci sfugge e la sensazione è di poter conoscere queste donne con calma, gradualmente, cosa che ci fa distrarre dall’intreccio narrativo, forse più carente. E un vero colpo al cuore sono gli outfit di Villanelle, meravigliosi.
E quasi mi sono sentita lusingata quando due persone che mi vogliono tanto bene, in un mio momento di fragilità, mi hanno detto candidamente che sono molto simile a Villanelle, l’assassina sociopatica. Poi hanno specificato: no, non fisicamente né per i look. È una cosa che mi ha un po’ spiazzato e che devo analizzare bene prima di parlartene approfonditamente. Per ora te lo dico solo perché potresti servirmi come testimone nel caso io decidessi di sporgere querela.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Photo by Honey Fangs on Unsplash
Photo by Miroslava on Unsplash
Du spicci
Cos’è un Amigurumi? Come si fa?
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Guilty Pleasure
Do what you love, and you’ll never work another day in your life.
Io non ci credo. Sarà comunque lavoro. Ti piacerà, lo farai più volentieri ma dovrai stancarti, ci sarà comunque lo stress per le scadenze, la preoccupazione per i risultati e forse qualche frustrazione legata alla gratificazione economica.
Pare che nei millennial (nati tra il 1980 e il 2001 e specifico perché ognuno dice la sua su chi rientra in questa generazione) sia molto forte la convinzione che per essere felici sia necessario seguire le proprie passioni nel lavoro. E sembra che questa inclinazione sia parte di un’attitudine al lavoro che ha mandato un po’ fuori di testa i nostri manager quando siamo entrati nelle aziende come forza lavoro. Pare infatti che il nostro essere stati trattati come trophy kids dai nostri genitori non ci abbia reso super simpatici agli occhi di chi ci assumeva. Non mi va di fare troppa autocritica, considerate le pessime condizioni economiche e contrattuali che ci offrivano.
Mi concentro piuttosto sul fatto che dare questo ruolo centrale alle passioni, mitizzandole o rendendole un mezzo di sostentamento, abbia rischiato di far sparire gli hobby.
Non avendo la stessa dignità delle passioni, sono diventati roba da sfigati. E deve arrivare un esaurimento nervoso o una pandemia globale per farceli riapprezzare. Ad esempio ho un’amica che da settimane fa queste palle di natale e sta da dio. Io invece, che non sono mai stata in grado di tenere una matita in mano, per un periodo ho provato a disegnare grazie a questo libro meraviglioso e penso che dovrei riprovarci.
Per incoraggiarti ad abbracciare anche tu un passatempo inutile ti lascio qui una lista di hobby tornati in voga con la pandemia. Ad ogni modo, ti dico che per me fare il pane non è un hobby, bensì un inspiegabile fenomeno di ipnosi collettiva che non c’entra nulla. Scegline un altro, uno qualsiasi, ti prego.
Saluti
Questa newsletter è una velleità che sta prendendo il sopravvento. Non è il caso di combatterla, unisciti a lei e aiutala a conquistare il mondo.