Pochi giorni fa ho rischiato di combinare un guaio.
Ho trovato un biglietto anonimo nella cassetta delle lettere. Prima di mostrartelo voglio dirti che non è indirizzato a me in realtà.
O meglio è indirizzato a me ma si tratta di uno scambio di persona, o di appartamento. Nel palazzo, penso proprio sopra di me, c’è qualcuno che suona non so che strumento e che batte il tempo fortissimo su un pedale. Me ne lamento ogni tanto anch’io ma in fondo è sopportabile e lascio correre. Come lascio correre le sessioni di canto urlatissimo della ragazza sotto di me, i due cani che abbaiano ogni volta che qualcuno apre le porte dell’ascensore, gli schiamazzi notturni che provengono dai bar sotto casa (in questo periodo molto meno ça va sans dire).
Insomma lascio sempre correre.
Sai bene che ho lasciato correre anche gli insulti della signora sabato scorso mentre pranzavo. Quando ho trovato il biglietto però un istinto nuovo ha preso il sopravvento. Ho bussato a tutte le porte del secondo e terzo piano sventolando il biglietto di fronte allo spioncino con sguardo da matta. Ovviamente non mi ha aperto nessuno, eccetto la coraggiosa cantante del terzo piano che mi ha dato tutto il suo sostegno e mi ha assicurato che lei non sente mai un rumore provenire da casa mia.
Che mi è preso? Che volevo fare?
Volevo litigare. Volevo dire: 1) Come ti permetti di parlare dei miei talloni?; 2) Magari fossi sveglia alle 2 di notte; 3) Vivo in pantofole da quasi un anno, ho una vita sociale ridotta al lumicino e mi uccide l’idea che non ho quasi più nessun motivo per far casino; 4) Puoi venirmi a bussare se senti un rumore e chiedermi gentilmente di fare attenzione invece di lasciarmi un biglietto anonimo? Così magari scopri anche che non viene da casa mia, imbecille.
Per fortuna non mi hanno aperto e non mi hanno dato modo di fare la pazza. Sarebbe stato liberatorio, ne sono certa, ma avrebbe creato un bell’imbarazzo nei giorni successivi.
Il consiglio prezioso
Ribadisco: Una tuta morbida rivoluziona la tua esistenza a casa.
Riflettevo
Sono un po’ stupita della mia reazione al biglietto, vuol dire che sono davvero esausta, perché di solito sono una persona prudente. Non amo gli scontri verbali e se posso evito sempre di litigare.
Negli ultimi anni poi sto imparando anche a gestire la rabbia e l’ansia, che se non sfoghi accumuli e a quel punto le devi gestire, no?
Da qualche anno ho smesso di bere caffè: non è stata proprio una scelta autonoma, soffro di gastrite e immagino che per te questo non sia un grande colpo di scena. Prendo la passiflora, che non voglio pubblicizzare ma a me pare dia sollievo. Alle volte poi mi fa proprio bene colorare un album come questo:
La pratica più difficile e contemporaneamente efficace per me è stata però la mindfulness. Se sei rimasto fuori dal mondo ti faccio un recap: si tratta di una forma di meditazione in cui, grazie a una voce guida, ti immergi nel momento presente e concentri tutta la tua attenzione sulle sensazioni del corpo e in particolare sul respiro.
Dico che è stato difficile per me perché è qualcosa di così distante dalla mia personalità che all’inizio non gli avrei dato due lire. E infatti i primi tempi provavo a sedermi, chiudere gli occhi, rilassarmi e tutto quello che la mia mente era in grado di produrre erano immagini di incidenti stradali. Non piacevole.
Poi però mi sono messa di impegno e ora ne traggo discreti benefici, mi sento meno vittima dello stress e mi sembra di essere più lucida.
Se la meditazione era sulla carta la cosa più lontana da tutto quello in cui credo e che professo, la mindfulness su di me funziona perché non ha niente di mistico. È peraltro una pratica che richiede dieci minuti al giorno (niente scuse, proprio dieci minuti) e che puoi fare a casa con l’aiuto di una app. Io uso Calm, il cui abbonamento non costa pochissimo, ma che ha anche una versione di prova gratuita.
Come se fosse lunedì
Il proposito che ho rimandato la settimana scorsa
Respira meglio, allontana lo stress.
Photo by Fabian Møller on Unsplash
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Il Discorso di Fabrice Caro
Il protagonista del romanzo si siede a cena con la famiglia dopo aver mandato un messaggio alla sua ex: Ciao Sonia, spero che tu stia bene, baci! E per tutta la cena non fa che pentirsi del messaggio inviato e di quel maledetto punto esclamativo. Si chiede cosa avrebbe dovuto scrivere invece e di come potrà rimediare.
Questa conversazione immaginaria si accompagna a un’altra in cui cerca di svincolarsi dalla tenaglia del discorso che dovrà tenere al matrimonio della sorella. È stato infatti appena incastrato dal cognato, che gliel’ha chiesto e al quale non ha saputo dire di no. Ed è incastrato nella solita dinamica ripetitiva della cena familiare, di cui ripercorre, o spesso anticipa, ogni battuta.
È un libro leggero, con una bella ironia e che si legge in pochissimo. Un passaggio mi ha davvero fatto ridere ad alta voce, ed è raro che succeda. Non so se si può fare, se è contro le leggi sul diritto d’autore o quelle dell’internet sovrano ma te lo riporto qui:
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Photo by Paweł Czerwiński on Unsplash
Photo by Gabrielle Henderson on Unsplash
Photo by Zdenek Klein on Unsplash
Du spicci
Dormire tanto, dormire tutti.
Oysho - Camicia € 25,99; Pantaloni €19,99
Guilty Pleasure
Sebbene sia agitata e un po’ nervosa, è un periodo in cui mi sento carina. Ho comprato delle tute, porto quasi sempre gli occhiali (anche se tengo fede al buon proposito di mettermi le lenti a contatto almeno una volta a settimana), non mi trucco quasi mai. Eppure non mi vedo sciatta, anzi. Mi sento proprio bene, quasi chic.
Non che questo stia intaccando la mia carta gold di sephora. Starò risparmiando in make-up ma dio solo sa quanto stia compensando in cosmesi: creme, sieri, oli, maschere, contorno occhi, scrub, detergenti, tric trac e bombe a mano.
Sembra che l’industria del beauty stia vivendo un momento non felicissimo. Uno studio di maggio di McKinsey prevedeva per quest’anno un calo drammatico del fatturato in un settore che solitamente resiste bene anche nei periodi di crisi.
La cosa che io uso meno in questo periodo è il rossetto. Primo perché sotto la mascherina è inutile. Secondo perché è un oggetto che prima di comprare vuoi almeno provare su una mano (pratica giustamente vietata in questo momento).
Eppure il rossetto sembra abbia comunemente il ruolo di acquisto gratificante nei periodi di crisi. Si tratta del lipstick index, una teoria (non sostenuta da grandi dati o statistiche ahimè) secondo la quale, in tempi di incertezza economica, un bene di lusso a prezzo abbordabile (come il rossetto) resiste bene sul mercato.
L’abbandono del make-up è qualcosa che sta accomunando molte donne in smart working. Ti segnalo un pezzo molto carino scritto da Sara Atnikov, che ha mollato il make-up anche in occasione delle riunioni su Zoom. E anch’io ho fatto qualcosa di simile di recente. Ho registrato un video di presentazione per una realtà con cui collaboro senza un filo di trucco. Devo confessare che me lo sono potuta permettere solo grazie a una specie di lampada pazzesca che mi ha regalato la mia amica stupenda e che adesso vorrei usare anche dal vivo acconciandomela tra i capelli. Grazie Claudia, sei il solito genio.
Saluti
Questa newsletter è una velleità e anche un potente antistress. Se riscontri un effetto benefico sui tuoi nervi continua a leggermi e supereremo tutto insieme.