Ho ordinato delle scarpe che avevo già. Non è stato un errore, le ho ordinate scientemente. Sono andata a guardare il codice sulla scatola che avevo conservato e ho scandagliato internet per trovare lo stesso identico modello nello stesso identico colore. Perché ho queste scarpe belle e comode che si sono un po’ graffiate il giorno in cui le ho indossate la prima volta e quindi adesso, dopo un anno di ulteriore (ma sempre leggera) usura, ho pensato le riprendo uguali così ne ho un paio nuovo, lì pronto, per quando le vecchie saranno ormai inutilizzabili.
Il consiglio prezioso
These boots are made for walkin’: Usa, consuma, vivi, distruggi.
Riflettevo
Avrei voluto ricomprarle subito dopo il primo graffio ma mi sembrava proprio uno spreco. Che me ne faccio di due paia di scarpe uguali? Però ero tentata, ti dico la verità, come spesso mi capita quando trovo il capo giusto, perfetto. Mi dico non voglio che un giorno finisca, e così fantastico sul ricomprarlo e conservarlo per tirarlo poi fuori quando il primo sarà ormai rovinato.
E però non lo faccio mai perché mi piace tantissimo pensare che il fascino di un capo stia nella sua unicità rispetto al tempo, nella sua deperibilità, nella sua inapplicabilità ad ere esistenziali diverse. Quel capo è nuovo in un momento preciso, usato ma portabile in un altro momento e poi, dopo un eventuale interregno di uso casalingo, muore e diventa definitivamente inadoperabile in una nuova data, in una nuova epoca in cui ci saranno altri capi appena comprati a comandare sul periodo.
Che bel pensiero, vero? Sognante, profondo, che bello davvero. Ma io le scarpe le ho riordinate però.
Certo, le ho riordinate perché, come sempre, c’è differenza tra quello che mi piace pensare e quello che in realtà penso. E se finora non avevo mai ricomprato la stessa cosa una seconda volta è solo per un calcolo molto semplice: ricomprare non basta. Anche quel secondo capo si rovinerà e smetterà di essere indossabile, quindi a meno che io non compri quaranta esemplari dello stesso vestito o accessorio (con aspettative di longevità mie tutte da verificare) nessun capo potrà essere per sempre nuovo. Quindi, grazie a quest’altro pensiero, forse meno appassionante ma comunque solido, concretissimo, io le cose le ho sempre comprate una volta sola gestendo la paura di rovinarle. O meglio, soccombendo a questa paura.
Perché queste cose che non voglio rovinare spesso non le indosso molto o non le indosso proprio all’unico fine di preservarle. Come quella camicia di seta con un fiocco sul collo che non ho mai usato perché mi piace troppo. L’ho pagata uno sproposito per poi vivere nell’ansia che, appena indossata, verrà imbrattata da una secchiata di vino e inchiostro e calce e petrolio e sangue di maiale. O quelle scarpe meravigliose color panna, indossate solo una volta. Il giorno in cui le metterò di nuovo sarò sicuramente accerchiata e poi aggredita da un branco di cinghiali. O quel cappotto animalier delizioso, messo una volta in tre anni attanagliata dal terrore che venisse vandalizzato da sigarette, gabbiani, bombe a mano, lanciafiamme, ordigni nucleari.
Queste cose stanno nell’armadio ad annoiarsi mentre io indosso cose meno belle, che se si rovinano poco importa. È un modo molto prudente di vivere e, lo so, anche molto poco avvincente.
Ci tengo a dirti però che tutte queste paure non nascono da una follia ingiustificata. Ho una piccola maledizione che mi accompagna fin da bambina: le cose appena comprate le rovino subito o le compro già rotte.
Mi capita spesso e mi capita da sempre. Il gigantesco liquidator con serbatoio d’acqua a zainetto (pazzesco davvero) al primo uso già perdeva acqua e potenza di getto, rovinandomi quello che avrebbe dovuto essere il miglior ferragosto della mia infanzia. La bambola ricevuta per Natale e agognatissima, che in teoria doveva scrivere da sola, appena estratta dalla scatola non muoveva il braccio, probabilmente vittima della sindrome del tunnel carpale che non sapevo si diffondesse anche tra oggetti inanimati della Mattel. O il cardigan appena comprato che ha svelato un buco sul petto quando è arrivato a casa, incidendone uno ancora più grande sul mio cuore, in perfetta sovrapposizione.
E così tantissimi altri oggetti, giochi, vestiti, fino ad arrivare a queste cacchio di scarpe che ho rigato alla prima uscita. Ecco, semplicemente a ‘sto giro volevo sconfiggere per una volta la sfiga. E questa è un’altra tentazione che ho spesso e che viene disattesa con un’incidenza statistica del 100%.
Nel frattempo, dopo aver scoperto che non sono l’unica ad aver collezionato questo tipo di traumi e accumulato questo tipo di paure (ho un’amica che pur autoproducendo qualsiasi cosa in cucina non apre il capitolo lievito madre per paura di farlo morire), mi sono chiesta quanto la paura di rovinare ci porti in realtà a rinunciare più che a preservare. Come capita con tutte le cose che abbiamo paura di affrontare per timore di una delusione. Come tutte le occasioni, le esperienze, le persone a cui non ci avviciniamo per paura che non sapremo abbracciarle, apprezzarle e amarle.
Perché non abbiamo mai la garanzia di una seconda occasione a copertura di eventuali intoppi o fallimenti. Ma tanto anche una seconda non basterebbe, no? Ce ne servirebbero infinite di riserva, o almeno altri quaranta esemplari, per affrontare la vita con totale serenità, senza paura di rovinarla o sprecarla.
E mentre quasi mi convinco che il bello sta proprio nell’usura, perché solo l’usura è in grado di modellare in modo imprevedibile, mi arriva la chiamata del negozio dove ho ordinato queste scarpe doppione. Chiamata in cui mi si dice che quest’ultimo paio nuovo disponibile purtroppo ha la pelle tutta rovinata, così senza ancora essere stato indossato da nessuno, forse per un difetto di fabbrica.
Capito? Il nuovo è già più rovinato del mio usato e questa è la conferma che devo sforzarmi di consumare tutto quello che ho e che mi capita di avere a tiro, che devo camminare di più con queste scarpe e con le altre che ho, e forse anche a piedi nudi se serve. E devo indossare vestiti e momenti e tenermeli addosso quanto mi va, senza pensare alle giuste occasioni, perché le cose nuove e vergini non sono per forza migliori di quelle usate, rovinate o anche sprecate.
Qui io con uno dei miei vestiti preferiti che ho indossato solo due volte e che invece dovrei usare ogni giorno perché mi sta da dio. Non si è neanche rovinato mentre addestravo una coppia di lemuri.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
A proposito di vivere la vita senza paura di sciuparla, ti consiglio Vera, che io avrei dovuto vedere moltissimo tempo fa ma ho sbagliato a non farlo, e sbagliando però ho fatto sì che il film arrivasse proprio al momento giusto, perfetto. Proprio quando avevo bisogno di vedere delle scelte sbagliate, delle occasioni perse, degli errori di valutazione e degli sprechi in grado di rendere bellissima l’esistenza.
In questo film, in cui sulla carta tutto dovrebbe essere tremendamente trash, di trash invece non c’è proprio nulla e c’è solo il peso fortissimo della vita, delle sue tante strade, dei suoi angoli e dei suoi spigoli.
C’è la necessità di avere un ruolo, i tentativi di incarnarlo, la voglia di non finire sgretolata insieme al proprio patrimonio, attraversando posti e persone che si trovano in un limbo tra documentario e fiction.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Questa settimana powered by Giulia che stava a New York.
Du spicci
Io mi sono comprata questo, sempre per ricordarmi che le scarpe vanno consumate.
Treccani Emporium - € 14,90
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità, che si impegna a rovinare più vestiti possibile durante le vacanze di natale. Fallo anche tu 💞
Sono caduta dalla sedia al tunnel carpale della bambola.