Quando torno?
Questa newsletter è una mia velleità apparentemente immune alle forze centripete.
Oggi, torno oggi. Con qualche difficoltà ma torno. Con fatica, con paura, con tanti dubbi in testa.
E forse neanche tu in questo momento stai proprio in formissima. Vedo che c’è chi sdrammatizza, chi sa tutto e lo urla ovunque, chi a malapena si regge in piedi e chi pianifica l’ennesima via di fuga da una situazione che vie di fuga, sì, anche questa volta, non sembra averne.
Tu come stai reagendo? Stai reagendo?
Il consiglio prezioso
Shake it off: Piangi, ridi, fai qualcosa.
Riflettevo
Io vado a cena fuori, guardo serie tv, mi preoccupo di stronzate e crucci adolescenziali, leggo le notizie e mi paralizzo, poi lavoro, faccio la spesa, guardo un telegiornale o l’ennesimo speciale e mi si blocca il respiro, gioco a un videogame, penso al mio compleanno che è tra pochi giorni, sento un’amica, scrollo raffinate disamine di geopolitica sui social, impreco contro ogni schermo, rido, piango.
E non mi fa bene. Cioè, lo faccio perché non sto bene, ma farlo, a sua volta, non mi fa stare meglio. Le sollecitazioni sono nevrotiche, le mie risposte alle sollecitazioni sono isteriche.
E penso che dovrei darmi una regolata, impormi una disciplina, ma sono anche un po’ stufa di dominarmi. Mi dico che se in tutte le storie distopiche i protagonisti sembrano sempre dei matti scriteriati un motivo ci sarà. E se io, ma mica solo io, mi sento al momento in una distopia, sarò allora autorizzata a comportarmi da matta.
Che poi pure questa storia di sentirsi in una distopia è esausta di suo ormai. Perché non è una distopia se sta avvenendo. È reale ed è presente. Però noi, invece di abbandonarci alla disperazione, ci diciamo esterrefatti, continuiamo a ripetere che non ci si riesce davvero a credere.
Ma non è strana questa difficoltà di riconoscere come reale qualcosa che sta succedendo davanti alle nostre facce e che peraltro abbiamo studiato perché è già successo più volte nel passato?
Cos’è che rende tutto assurdo? Il bombardamento mediatico, l’iperconnessione? Boh, siamo sicuri che pesti e guerre e minacce di ulteriori guerre e successive carestie fossero meno strane secoli fa agli occhi di chi le viveva senza il filtro di internet?
Non è che invece questi schermi e questi profili, che sono un vaglio in entrata e in uscita, ci hanno solo abituato a rifiutare la realtà, a vederla distante, a prenderla meno sul serio, a guardarla con stupore, con incredulità, anche con pudore forse, per paura di far saltare il tappo, per paura di impazzire sul serio?
Ecco, mi sto chiedendo troppe cose e però, me ne rendo conto, si tratta sempre e solo di sovrastrutture, non sono ancora il nucleo. Perché mi trovo in un vortice che invece di portarmi giù, di farmi andare a fondo e al centro, mi centrifuga sulla superficie condannandomi ad affogare in aria, lontano da quello che non capisco.
E allora, visto che non so o non voglio chiedermi quello che dovrei chiedermi, provo piuttosto a chiedermi se non sono poi normali i pianti estemporanei a cui da un paio d’anni, ogni giorno per uno o due minuti, mi abbandono.
E uso quest’internet che trabocca di informazioni per trovare la risposta. E internet mi dice che piangere fa bene perché è un modo per scaricare tensione e angoscia. Mi dice che dall’incubo del covid in poi piangiamo tutti un po’ di più, mi fa scoprire che ci sono tre tipi diversi di lacrime (basali, riflesso, emotive), mi spiega che le donne sono biologicamente programmate per piangere più degli uomini e mi regala anche delle foto di lacrime al microscopio.
Ma quanto diventa più rassicurante così internet? Quanto ci fa stare meglio se ci concediamo una pausa e interrompiamo per qualche minuto il flusso di immagini atroci e opinioni irritanti che ci arrivano addosso mentre cerchiamo di capire cosa sono le lacrime?
È così disponibile internet, quando sai come prenderlo, che ci si può spingere anche a chiedergli come mai ridiamo e a cosa serve ridere. E lui, che è davvero in buona oggi, mi risponde che ridere serve ad attenuare conflitti, stress e ansia e quindi è normale che ne sentiamo il bisogno in questo momento. Perché ridere ha il grande pregio di allontanare le altre emozioni, di metterle in pausa, ecco, di bloccare un pianto o impedire una qualsiasi espressione di rabbia. Una risata è in grado di monopolizzare i muscoli facciali e il tratto vocale e di render loro impossibile esprimere altre sensazioni.
Capito? Bisogna provare a ridere, provare a ridere l’internet.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
C’è un soffio di vita soltanto
Questo documentario l’ho visto qualche mese fa ma te ne parlo oggi perché mi sembra il momento giusto. Perché mi ha mi ha fatto ridere, mi ha fatto piangere e mi ha fatto bene, e perché mi fa bene adesso pensarci.
Il documentario, attraverso la storia di Lucy, la transessuale più anziana d’Italia, sopravvissuta a Dachau, parla di una vita e della vita.
È un racconto in cui l’essere umano si stacca in qualche modo dal genere umano e diventa l’unica cosa importante. Con il suo cammino, il suo mondo, i suoi oggetti. E anche con la sua storia, che cammina a fianco dell’altra Storia, quella a cui concediamo, a questo punto per me senza motivo, una maiuscola iniziale.
C’è l’identità e c’è la memoria, e un passato che sembra essere raccontato dal futuro, da un posto nel tempo che ha superato e risolto ogni dibattito. Perché questa storia sembra anticipare, comprendere e risolvere temi che solo l’individuo è in grado di sciogliere, mentre il mondo non è mai pronto, non è mai al posto giusto.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa (powered by Edoardo)
Du spicci
La trovo orrenda e meravigliosa allo stesso tempo.
Monki - € 35
Saluti
Questa newsletter è una velleità che si allontana e poi ritorna perché non controlla più bene i movimenti. Tu muoviti con lei seguendola sui social o condividendola in giro.
Il mondo in questo momento è un po' #circacirca. Bellissimo post, all'altezza delle foto.