Preso nota?
Questa newsletter è una mia velleità che si appunta le cose ma spesso non le capisce.
Uno ✅
Allora, la scorsa settimana non avevo niente da scriverti e poi è spuntato qualcosa. Questa settimana ho il problema opposto: ci sono più cose di cui ti potrei parlare perché sono stata bersagliata da troppi stimoli.
E ora si tratterebbe di scegliere. Di selezionare uno dei 27 appunti che ho preso ed elaborare non tanto l’argomento quanto il motivo per cui ho preso quell’appunto.
Il problema è che mi sembra una cosa noiosissima da fare. E anche molto faticosa. Non mi va di scegliere, tanto meno di approfondire, perché ormai quegli spunti luminosi sono ridotti a frasi senza verbi, con sigle e parole a metà.
Tra l’altro uno di questi 27 appunti è proprio su come prendere appunti. O meglio è su come organizzare le informazioni e gli appunti in un unico spazio. Perché sono entrata nel vortice del bullet journal. Io te lo spiego pure che cos’è ma sappi che lo sanno già tutti, davvero tutti, ovunque e da anni. Si tratta di un’agenda, un diario, un quaderno di appunti, un organizer, tutto insieme. Cioè tu, in un unico spazio, scrivi tutto quello che ti serve e organizzi questo marasma di informazioni in modo efficientissimo. Crei un indice, crei delle raccolte, ti segni eventi e cose da fare usando un metodo serio da morire ma flessibile e adattabile alle tue esigenze.
Gli appunti presi a riunione? Li puoi mettere dentro. Le pacche sulle spalle per aver fatto yoga tre volte in una settimana? Prego, infilacele pure. Sproloqui su cosa ti ha suscitato la vista di un girasole appoggiato su un cofano? C’è tutto lo spazio che vuoi, vai, sfogati.
Pinkabbestia Uno
Due ✅
Per allertarti su quanto sia alto il rischio di impantanarti in questa faccenda condivido con te la mia testimonianza (immaginami di spalle o con volto blurrato) e ti dico che una delle sezioni che ho già pianificato sul mio primo bullet journal è su come organizzare il bullet journal stesso. Lasciami in pace, la mise en abyme è anche un’arte.
Era prevedibile che, una volta scoperto, questo metodo mi avrebbe sequestrato il cervello all’istante. Non so dirti se funziona, la gente dice di sì ma ormai chi ci crede più alla gente.
In ogni caso ci sono cascata. E ci sono cascata come al solito in ritardo rispetto al resto del mondo, perdendomi anche il gusto di partecipare a un’ondata di qualcosa.
Io del resto non sono quasi mai sul pezzo. E spesso approdo sul pezzo quando quel pezzo è stato masticato e digerito e nessuno ne vuole più parlare. Il problema è che mentre una cosa è sulla cresta dell’onda io non riesco a elaborare. Per lo più guardo ma non partecipo. Poi si sgonfia tutto velocemente e io a quel punto non ho fatto in tempo a capire e assorbire. Quella cosa è passata.
Proprio come ora sono già passati tutti quegli appunti che ho preso in questi giorni. Cioè non reggo neanche il mio di ritmo, capito?
E questo mio essere in ritardo, rispetto agli altri e rispetto persino a me stessa, sta pure peggiorando perché, sapendo fin dall’inizio che tanto non sarò in grado di tenere il passo, ormai mi tiro indietro da subito e dedico alle cose solo uno sguardo distratto, al limite un appunto, capendo ancora meno, sempre meno.
Pinkabbestia Due
Tre ✅
Ma come si fa a fermare tutto, a concedersi un momento di riflessione, di fronte a questa lista lunghissima di cose da fare, cose da ricordare, cose a cui pensare?
Con tutti questi spunti che ti piovono addosso non c’è mai il tempo di andare a fondo. E così te li annoti di volta in volta, pensando “poi ci torno”. Solo che, prima di tornarci, hai già ricevuto altri tre input e la lista si è allungata e tu non sai più su quale punto concentrarti e magari ti dici che è meglio mettere in ordine la lista nel frattempo.
Non sono più i punti allora, sono le liste a diventare il centro.
Ti convinci che stai scrivendo per poi approfondire ma quello che stai facendo in realtà è smarcare, cancellare e quindi dimenticare. Pure i pensieri sono compiti da depennare ormai.
Ma come si fa a non cedere alle liste? Sono le cose più facili da consultare. E sono il formato con cui più di frequente ci propinano contenuti. Di alcune davvero non ti capaciti, tipo questo articolo dedicato a 62 cose a cui appassionarsi. Che cos’è? Chi è che cerca una cosa del genere? Sono finalmente finita sul dark web, vero?
In certi casi poi sono anche un feticcio. Pensa ad Alta Fedeltà ad esempio, e al protagonista che è fissato con le classifiche. Bene, lo sai che internet è pieno di liste delle classifiche (quindi liste di liste) menzionate nel film? Non lo so se sono identiche a quelle del libro ma sono sicura che c’è da qualche parte una lista delle differenze tra i due.
Pinkabbestia Tre
Quattro ✅
Anche se le classifiche, a dire la verità, hanno tutto un altro valore rispetto alle liste. Le classifiche sono chiuse, non concedono continui nuovi ingressi, e ti impongono una scelta. Quindi, in un certo senso, presuppongono già una comprensione di quello che stai elencando. No, le classifiche non sono appunti, le classifiche sono già un’elaborazione. Nelle classifiche siamo noi che assumiamo il ruolo di filtro e ci sostituiamo anche all’algoritmo. Sono un nostro output, non qualcosa che ci viene buttato addosso e che dobbiamo sistemare. Poi non è detto che siano corrette, che siano frutto di una vera comprensione, ma la sensazione è comunque quella: di aver capito.
Le liste invece rappresentano spesso l’incompiuto, l’accennato, il tratteggiato.
Ora, per trasmetterti lo spaesamento che provo io di fronte agli input che poi diventano liste, un po’ per colpa mia e un po’ per colpa dell’algoritmo, ti chiedo di seguirmi ancora un minuto e di capire cosa significa per me non capire.
Sono a cena e mi arriva un messaggio di Antonio. Se non lo sai o non te lo ricordi, Antonio è il signor Malaussène di questa newsletter, il capro espiatorio, ma anche una sorta di padrino, amico immaginario, coscienza e tormentone. Ti vorrei citare l’armadillo ma la verità è che Antonio è Tatiana in un universo in cui io sono Gabriele Cirilli.
Ecco, Antonio mi scrive:
E io ovviamente torno a casa e guardo questo:
E questo:
E questo:
E questo:
E tanti tanti altri.
E non ho il tempo di capire che prodotto è. Come mai il format è sempre identico. Chi l’ha creato. Da dove arriva. Che peso ha. A che serve. Che mondo è un mondo in cui c’è gente che si riprende mentre ascolta una canzone che andrà all’Eurovision Song Contest, mette in pausa, si emoziona, mi mostra la pelle d’oca, poi riprende l’ascolto e alla fine fa le congratulazioni a me e all’Italia tutta. Chi sono queste persone. Chi è quella signora ucraina e cosa fanno nella vita quelle gemelle islandesi.
Che frase è “If I were a country I wouldn’t necessarily want to win twice in a row”. If I were a country. Se fossi una nazione. Chi è che pensa e pronuncia la frase “se fossi una nazione”. E questi endorsement sono solo per l’Italia o li fanno indistintamente per tutte le nazioni. ‘Sta canzone gli piace davvero o no.
Ma poi per me è pure importante l’Eurovision, ed è una cosa su cui pensavo di essere ferrata. Invece a quanto pare no, perché queste reaction non le avevo mai viste. Così guardo disorientata questa sfilza di video in cerca di risposte ma poi ti scrivo e mi rendo conto che hanno sempre più senso le domande.
E sono contenta di buttarle fuori, di concedermi almeno quelle perché, se d’ora in poi mi appunterò tutto in un unico blocco ben organizzato, tu resterai comunque il mio spazio in più, quello dove non ci sono regole ma ci sono domande. Quello spazio dove c’è sempre tempo.
Cinque ✅
Questa newsletter è una mia velleità che non sempre riesce a capire ma sempre ci prova e lo fa grazie a te. Dimostrami che hai tempo per elaborarla condividendola sui social o suggerendola alla tua lista di amici.