Come ti ho già detto e ripetuto, nell’ultimo periodo sono chiusa, barricata, concentrata sulle cose da fare. E le cose da fare sono tantissime perché ho preso più impegni di quelli che potrei gestire se volessi avere del tempo libero. Mi capita comunque di alzare la testa ogni tanto e guardarmi attorno. O meglio spiare velocemente, perché il tempo appunto è poco. Ma quel secondo di respiro di cui potrei godere diventa subito una tortura, perché attorno ho molto di bello. E io, che sono costretta al centro, su di me, o forse addirittura sotto, un po’ schiacciata ma portante, non mi posso permettere il lusso di aprire una finestra senza il rischio di danni alla struttura.
Ma poi la verità è che queste cose belle, se anche avessi il tempo, non sarebbero comunque mie. Sono di altri, le stanno facendo altri, persone più o meno vicine a me.
Ho la fortuna di essermi circondata di gente che mi piace. Ma è una fortuna fino a un certo punto. Perché la gente bella può essere più bella di te e fare cose più belle di quelle che fai tu. E quindi le guardi, questa gente e queste cose, e un po’ ti chiedi perché non a me? Poi fai un bilancio e ti dici che tu però hai quest’altro e loro no, che non cambieresti la tua vita con la loro, che tu sei tu e ti vuoi bene così. E magari a loro la tua vita sembra stupenda, che ne sai.
Solo che questa voce rassicurante parte convinta ma si affievolisce e poi si ferma mentre lo sguardo mi va su quel successo, su quel viso, su quell’entusiasmo, su quel vestito, su quel coraggio, su quel progetto, su quella taglia che non ho e che probabilmente non avrò mai. Perché non ho fatto niente per averli, non mi interessava, stavo facendo altro. E però loro sì, loro ce li hanno e io non riesco a impedirmi di volerli.
Il consiglio prezioso
Progress Check: Guardati spesso per non perderti di vista.
Riflettevo
L’invidia è un sentimento bicefalo, mi viene da dire. Che fissa l’oggetto bramato mentre guarda anche te, dritto negli occhi. Si subisce e si prova, e chi la prova comunque la subisce anche per la vergogna di provarla. Sembra un gioco di specchi dal quale è impossibile uscire ma io oggi ho deciso che con l’invidia ci voglio fare pace.
Il punto è, secondo me, che demonizzare un sentimento così naturale può contribuire al suo potere corrosivo. Perché per quanto ci si sforzi di combatterlo non si riesce davvero a debellarlo. Lo puoi arginare, ma poi risale, ritorna, e tu sei punto a capo, non hai imparato niente. Puoi camuffarlo, cercare di non renderlo palese, certo, ma comunque alla fine quando lo provi si vede. E da lì anche l’onta di avere pensieri condizionati e opinioni mosse da motivi orrendi.
E allora non è più facile dire “dio quanto vorrei essere lei, muoio di invidia” piuttosto che trincerarsi dietro un “ma che coraggio, io non lo farei mai”? Del resto provare fastidio per qualcosa di bello capitato ad altri è normale. È sbagliato ma normale.
È che l’invidia ha nella sua etimologia la radice stessa della sua condanna. Perché invidere significa guardare male, con ostilità. Ma io non è che guardo con ostilità la persona, e neanche quello che ha, anzi, lo vorrei io. È la loro unione che mi manda ai matti. Anche perché spesso l’invidia si prova per qualcuno che amiamo. Un’amica, il proprio partner, un fratello. E pur augurando loro ogni bene, tifando sinceramente per loro, rosichiamo.
È proprio la vicinanza, il misurarci con qualcuno alla nostra portata che ci rende più facilmente vittime di invidia. E infatti l’invidia sembra crescere al crescere della democrazia. Ma potrebbe anche essere uno sprone a migliorarci, a impegnarci per ottenere quello che non abbiamo ma che qualcun altro ci ha dimostrato essere accessibile.
La vicinanza diventa però un concetto più ampio se tutti sono sotto gli occhi di tutti, in costante bluff per dimostrare di avere di più, di essere migliori. Che poi è strano. Perché suscitare invidia, quindi farsi “guardare male” dovrebbe far paura: visto che mi guardi male mi auguri il male, e se poco poco ci credo riesci anche a farmene di male. Io, per esempio, se mi chiedi come sto ti dico “benino”. Evito espressioni come “alla grande”: mi sento così di tutelarmi, non si sa mai.
Perché l’invidia può anche assumere una veste più nera e arrivare a farti gioire del male altrui. Ecco, qui sono un po’ rigida, questo non si può e non si deve provare per qualcuno a cui vuoi bene. Vuol dire che non gliene vuoi, punto. Magari avete un rapporto conflittuale, non lo so, ma tenderei a lavorarci su, perché non è bello.
E non siamo brutte persone noi.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Nobody
Ho visto il mio nuovo film preferito. Si chiama Nobody e mi sono già pentita di aver deciso di parlartene, perché non so come fare a spiegarti che mi è piaciuto così tanto senza spoilerarti nulla.
Ti devo pure mettere il trailer qui, ma non so se devi vederlo, perché è un po’ troppo spiegone e al tempo stesso non gli rende giustizia. Non so quanto ti fidi di me ormai, però ecco, ti ho avvisato.
Checché ne dica Marito, non c’entra niente con John Wick (che non mi è piaciuto) né con Taken (che invece mi è piaciuto ma per motivi diversi). E dico che non c’entra niente perché io ho riso dall’inizio alla fine. Perché è un film divertente, di tensione solo fino a un certo punto, d’azione ma che non si prende sul serio.
Poi mi è piaciuta tanto la scelta dell’attore protagonista, Bob Odenkirk, che mi sembra azzeccatissima. E sai chi interpreta suo padre nel film? Christopher Lloyd. Tu non sei felice quando becchi Christoper Lloyd in un film? Io sempre.
Ho paura che tutto quest’entusiasmo ti condizioni, però se non mi posso sentire libera qui, in questo tempo che ho ritagliato per noi con grande difficoltà, mi dici che senso ha?
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Se smette di piovere.
H&M – € 34,99
Guilty Pleasure
Dopo essermi sperticata su Nobody, ti devo ammettere che c’è stato un momento del film in cui mi stavo addormentando. Ma non è colpa del film. Sono io che ho, credo, una patologia non ancora diagnosticatami che mi fa addormentare durante gli inseguimenti.
Non so come mai. Forse perché si sa più o meno sempre come vanno a finire o forse è colpa del rumore delle macchine che corrono (ti ho già parlato del mio debole per il rumore bianco?), fatto sta che mi addormento sempre durante queste scene.
Ho dovuto guardare Minority Report quattro volte prima di arrivare alla fine e ci sono riuscita solo perché l’ultima volta non ho ripreso il film dall’inizio ma ho saltato l’inseguimento. È più forte di me, mi fa dormire.
E addormentarsi sul divano davanti a un film è la tentazione più bella a cui cedere. Anche perché io non ho un bel rapporto col sonno, mi sa che te ne ho già parlato. Non ti spazientire, vuol dire che stiamo diventando intimi, cominci a conoscermi bene. E soprattutto apprezza il fatto che, per raccontarlo a te, lo sto anche un po’ rovinando questo mio guilty pleasure, perché ho appena scoperto che pure addormentarsi sul divano fa male. Te pareva.
La cosa più gratificante è dormire sul divano quando qualcuno è sveglio al mio fianco. Da tempo ho abbattuto ogni remora e, quando ancora si poteva, era diventato ormai un classico svenire sul divano davanti ad amici con i quali avevamo deciso di vedere un film dopo cena a casa mia.
Ma il vero picco artistico credo di raggiungerlo con il rito di coppia che si consuma identico da anni ormai. Poggio la testa sulla spalla di Marito e la inclino in modo che i miei occhi chiusi siano millimetricamente fuori dal suo campo visivo. Appena avverto un suo movimento impercettibile, un micro irrigidimento muscolare, apro gli occhi e lo fisso a dimostrazione del mio essere sveglia. No, non sto dormendo.
Non so più se ci crede o se mi asseconda ma considero anche questo un traguardo della nostra relazione. Perché non è banale, anzi questa abitudine sembra possa creare problemi di coppia soprattutto di fronte a una serie tv, perché o uno dei due resta indietro o l’altro è costretto a rivedere l’episodio. Io ho la fortuna che quando mi alzo dal divano sono poi sveglia come un grillo, quindi mi faccio anche raccontare quello che mi sono persa. Una gioia vivere con me, lo so.
Saluti
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