Mi segui?
Questa newsletter è una mia velleità che quando lascia la strada maestra ha la sensazione di orientarsi meglio.
È stata una settimana incredibile. Nel senso che non ci credo. E faticherò anche a farmi credere o capire da te, ne sono sicura. Ecco, non so neanche da dove iniziare.
Forse da qui, dal fatto che in questo momento non dovrei scrivere la newsletter bensì una lista dei fallimenti che ho vissuto nella mia vita. È un compito che mi ha dato la psicologa, perché la mia settimana è iniziata proprio con una seduta dalla psicologa. La prima in assoluto nella mia vita.
Ti fermo subito, non sto affrontando nessun dramma in particolare. È che sono una persona piuttosto ansiosa, molto agitata, parecchio severa e vorrei un attimo capire se esiste un modo per addomesticare queste mie qualità. Non caratteristiche, non difetti: qualità, l’ho detto.
E sono anni che persone vicine mi suggeriscono di andare in analisi (perché ci vanno anche loro, non perché io manifesti un’evidente necessità in tal senso - credo) ma quello mi sembra un percorso un po’ più faticoso e ancora non me la sento. Quindi sì, sono partita con una psicologa.
Tra l’altro le prime tre sedute mi sono state regalate da un’amica. Oddio, lo so, la mia immagine ai tuoi occhi si sta un po’ distorcendo. Ma giuro che le avevo parlato di questa mia curiosità e anche della mia difficoltà a compiere concretamente il passo. Quindi è stato solo un incoraggiamento da parte sua, non un intervento.
Vabbè dai, giusto per precauzione, se all’improvviso non dovessi avere più mie notizie potrebbe chiaramente trattarsi un TSO. Posso contare su di te per l’organizzazione di un tempestivo #Free40circacirca?
Il consiglio prezioso
Tough Competition: Balla più che puoi perché hai i robot alle calcagna.
Rubrica Cuscinetto (oggi serve)
E dunque la mia settimana è iniziata in salita. Poi io sono scema perché la seduta me la sono messa di lunedì mattina che non è proprio il giorno più semplice della settimana. E ovviamente ne sono uscita un po’ scombussolata.
Però.
Però tutto si muove sempre in modo scomposto, così per stupirti, e da quel punto bassissimo in cui si trovava il mio umore qualche forza strana ha dato una spinta che ha ribaltato tutto. La sera sono andata mogia mogia al compleanno del mio migliore amico. Mogia, sì, ma vestita come se fosse l’ultima festa a cui avrei partecipato. E ho ballato come se fosse l’ultima festa a cui avrei partecipato. E ho sudato e ho cantato e ho riso e sono stata travolta da un’allegria splendida, la mia allegria. Ho fatto tutto da sola. In compagnia, certo, ma ho fatto tutto io.
E il giorno dopo ero in hangover, ovvio. Morta. Senza un filo di forze. E quella forza in particolare che mi aveva tirato su, che mi aveva dato tutta la voglia di vivere di cui avevo bisogno, era proprio sparita. In ferie o forse si era licenziata, chi lo sa. Ma poi il giorno dopo è arrivata una soddisfazione lavorativa e quindi via, di nuovo in alto, ma non sparata a tutta velocità: in modo contenuto, con discrezione. E poi un po’ di preoccupazioni, qualche incombenza, delle rogne burocratiche mi hanno rimesso di nuovo al mio posto, al livello del mare.
E c’era sempre questa lista di fallimenti da scrivere che mi seguiva, mi si appoggiava addosso.
Ma venerdì. Venerdì. V E N E R D Ì.
Venerdì mattina mi chiama Claudia e mi invita a cena. Mi dice che sarà con noi anche un nostro amico insieme a un attore, nello specifico l’attore che ha interpretato il ruolo del mio personaggio preferito di sempre nella mia serie preferita di sempre. L’attore le cui battute io e Claudia recitiamo a memoria da anni ormai. Di cui si può dire candidamente che siamo fan sfegatate.
E io non me la sentivo: dovrò parlare inglese tutta la sera, sicuramente non sarò in grado di comportarmi in modo naturale, non avrò argomenti di conversazione. Sì, ansia da prestazione e timore reverenziale e ormonella adolescenziale, c’era tutto. Non me ne vergogno. O meglio, me ne vergogno ma non voglio vergognarmene. E quindi ho detto no, non vengo. Ho inventato delle scuse così fragili che Claudia, non credendoci, ha pensato ci fosse qualcosa di molto più grave sotto. E invece no, non c’era nulla, mi sentivo semplicemente inadeguata, a disagio.
Poi nel pomeriggio mi sono detta che io questa serata l’avrei potuta raccontare a mia nipote. E a te, certo. E quindi ci sono andata a ‘sta cena. E l’ho surfata. Ho condiviso con Claudia una serata che ci ricorderemo. E di cui probabilmente parleremo per mesi, perché siamo riuscite a comportarci in modo decoroso (siamo state composte all’inizio, poi un po’ meno), ci siamo divertite, ci siamo emozionate.
Anche nel raccontarti di questo entusiasmo mi sto un po’ vergognando. E anche in questo caso non voglio vergognarmene. Perché forse tante delle cose che mi perdo e in cui mi perdo dipendono un po’ dal livello di pudore che mi impongo. Che è come se non mi appartenesse veramente ma venisse dall’esterno, da quella voce odiosa che mi ricorda degli altri, di chi mi osserva, di chi mi giudica, di chi farebbe le cose in modo diverso, di chi non capirebbe. E quella voce sembra che venga dall’esterno, sì, ma è la mia. Ed è la stessa voce che poi cambia tono e mi suggerisce di raccontarti tutto, mi sfida quasi, per dimostrarmi che è proprio come diceva lei: ci sono gli altri, eccoli, e ora che lo stai mostrando a loro è effettivamente tutto un po’ ridicolo o adolescenziale, tutto un po’ sciocco.
Sai quand’è che quella voce sparisce però? Quando sto bene. Quando faccio le cose che mi fanno star bene. Quando non ci sarebbe da ballare e ballo. Quando non ci sarebbe da emozionarsi e mi emoziono. E quando te lo racconto convinta che non mi stai giudicando perché ti alzeresti volentieri a ballare con me. Anche se non è vero, tanto è tutto nella mia testa.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du Spicci
Ho preso un granchio. Mi piace da morire.
Intrend - € 33 (in saldo)
Riflettevo
Ora io lo so che questa è la seconda newsletter di fila che non rispetta l’ordine e il tenore delle rubriche abituali. Ma è un periodo particolare. Sarà il caldo, sarà che avvengono cose strane. Mi perdonerai spero.
Il fatto è che mi sembra di aver trovato una sorta di accordo con l’ansietta che mi accompagna: le lascio condurre il gioco per un po’ e, appena si distrae, la frego e sorprendo sia lei che me con condotte inaspettate. E ultimamente quando mi metto a scriverti succede la stessa cosa. Per spiazzare lei smonto un po’ tutto. Ma sono esperimenti che probabilmente non dureranno, si tornerà presto alla normalità. Per ora però mi sto appoggiando a teorie secondo le quali l’essere flessibili, tanto nelle emozioni quanto nelle convinzioni, aiuti parecchio a domare l’ansia.
E l’idea mi seduce perché comincio ad arrendermi all’evidenza che l’essere ferma, solida, è davvero complicato quando ci sono eventi esterni che creano alti e bassi, c’è il giudizio esterno che crea alti e bassi e c’è l’umore, qualche incastro chimico, che crea alti e bassi. Non è meglio allora salire e scendere, magari anche svoltare ogni tanto, invece che reggersi forte contrastando la corrente?
Ed è paradossale che questo mio essere serenamente altalenante mi renda meno lunatica del solito. Perché in realtà parrebbe che solo uno stretto controllo sia in grado di arginare gli sbalzi d’umore. Ma se è vero che questi ultimi dipendono principalmente da esigenze fisiche, allora la disciplina dovrebbe avere ad oggetto il corpo e non la mente, non le emozioni, no? Non fila secondo te? Come vuoi, tanto mentre tu ci pensavi io stavo già cercando articoli e fonti che mi dessero ragione e ho trovato una sorta di ode all’incoerenza che mi ha dato soddisfazione, oltre che ragione appunto. E che cita Walt Withman, perché se parli di incoerenza è sempre lì che arrivi, ai versi più gettonati ma comunque salutari di Song of Myself.
Do I contradict myself?
Very well then I contradict myself,
(I am large, I contain multitudes.)
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità che non sa più cosa prometterti, perché sta scalciando e non voglio contenerla. Ma tu puoi sgambettare insieme a lei o anche guardarla con disappunto. Facciamo solo quello che ci va di fare per un po’, vediamo come va.