Le statistiche della settimana scorsa sono state le migliori di sempre. La newsletter in cui mi sono rifiutata di scrivere qualsiasi cosa è stata letta da quasi il 100% degli iscritti, anche da persone che non l’avevano mai aperta prima. Mai un’affluenza così alta, mai.
Potenti filtri spam sono caduti sotto il fuoco inesorabile di un mio “come volevasi dimostrare”.
Non ne sono affatto stupita. Era quasi ovvio che succedesse. No, non mi citare la legge di Murphy, preferisco pensare a una maledizione che ha a che vedere con le occasioni mancate.
Già io non sono abile a crearmi le giuste occasioni. In più so che qualsiasi condizione di salute, climatica, personale, esterna, qualsiasi coincidenza saprà congiurare contro di me e intervenire esattamente al momento giusto per creare clamorosi rimorsi o rimpianti. È una sorta di condanna che prendo con grande filosofia, mi fa molto ridere e ormai addirittura la coccolo come se fosse un peluche tenerissimo.
Di occasioni mancate ho un portfolio nutrito e originale. Molti, moltissimi episodi, tutti di scarso impatto, neanche dei veri sliding doors. Episodi che non si può dire abbiano segnato il mio destino ma arricchito il mio ventaglio di imprecazioni sì.
E così eccomi a scriverti, proprio io, quella che forse questa volta ha imparato la lezione.
Il consiglio prezioso
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Riflettevo
In realtà non ho mai imparato granché dalle occasioni mancate. Ho rosicato, spesso riso, alle volte rimediato mettendo un po’ più di impegno nell’obiettivo successivo. L’effetto più frequente è stato quello della disillusione e di un consequenziale blando pessimismo. E il fatto che mi aspetti sempre il peggio spesso irrita anche chi mi sta vicino.
Eppure sembra che il pessimismo non sia per forza di cose dannoso. Se l’ottimismo fa bene al cuore, anche il pessimismo può avere dei vantaggi.
È il caso ad esempio del pessimismo difensivo, che rappresenta una strategia per gestire l’ansia ed evitare di scappare a gambe levate dalla situazione che la genera. Mi ci rivedo in pieno: fissandomi delle aspettative basse, visualizzo tutte le cose che potrebbero andare storte e provo a prepararmi al meglio per fronteggiarle.
Si tratta di un approccio strategico, sicuramente frustrante, ma strategico. L’ansia assume così uno o più volti concreti e può essere incanalata in azioni da intraprendere. Insomma l’ansia resta, però ti prepari al massimo per evitare o arginare eventi disastrosi.
Il pessimismo però può anche portarti all’opposto dello spettro e fungere da sabotatore. Capita quando, per non sentirti responsabile di un eventuale insuccesso, eviti di prendere contromisure o non ti confronti affatto con un ostacolo, così da poterti dire “non ho fallito, è che non ci ho proprio provato”.
E ora che ci penso una delle occasioni mancate di cui mi capita spesso di parlare con alcuni amici è il plagio delle cose mai realizzate o monetizzate. Di recente, ad esempio, ho dovuto dire a un’amica che una sua idea (molto figa) era stata appena realizzata dalla Barilla. Non c’è rimasta particolarmente male perché in fondo non credeva veramente che avrebbe lei stessa messo in pratica quell’idea.
Del resto a chi non è successo? Ora però non ci pensiamo, piuttosto vai a fare questo test e calcola il tuo grado di pessimismo difensivo.
Come se fosse lunedì
Il proposito che ho rimandato la settimana scorsa
Questa settimana non guarderò le statistiche di lettura della newsletter, per non infierire sul mio fragilissimo equilibrio.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
La città dei vivi di Nicola Lagioia
Sono rimasta incastrata in un libro che sto leggendo. Non l’ho ancora finito però te ne parlo subito perché non sto pensando ad altro e non riuscirei a parlarti d’altro in questo momento. Si tratta de La città dei vivi di Nicola Lagioia.
Il libro racconta uno dei casi di cronaca più sconcertanti degli ultimi anni, l’omicidio di Luca Varani.
Grazie all’impressionante quantità di materiale raccolto - atti giudiziari, verbali, interviste - il libro riesce ad andare a fondo nel contesto, o meglio nei diversi contesti, in cui questa vicenda prende avvio e poi si svolge.
È una cronaca tracimante. Mi sembra restituisca dignità alle esistenze delle persone coinvolte, dalla vittima agli altri protagonisti, fino ai personaggi sullo sfondo, che però sullo sfondo non restano mai. È come se i meri birilli descritti in tv o sui giornali avessero finalmente trovato una voce, dei motivi o delle circostanze dietro a quella voce. È come se venissero riconosciuti in quanto esseri umani. E l’effetto è ancora più incredibile se si accosta all’apparente insensatezza che la violenza della vicenda lascia dietro di sé.
Mentre leggi ti trovi di fronte a uno scenario tutt’altro che asettico, vivo, ambientato in una città quasi in decomposizione eppure anch’essa viva, bastarda, cruenta. Roma è il vero antagonista, il vero cattivo della storia, senza alcuna speranza di redenzione.
Non posso dire se è la struttura del libro o la qualità della scrittura a tenermi così legata alle pagine, o se invece dovrei ammettere che è la mia stessa morbosità a tenermi incollata, solleticata da una prospettiva che può essere riassunta in questo estratto:
«Tutti temiamo di vestire i panni della vittima. Viviamo nell'incubo di venire derubati, ingannati, aggrediti, calpestati. Preghiamo di non incontrare sulla nostra strada un assassino. Ma quale ostacolo emotivo dobbiamo superare per immaginare di poter essere noi, un giorno, a vestire i panni del carnefice?»
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
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Guilty Pleasure
Se è vero che sono una pessimista difensiva è anche vero che sono una scaramantica convinta. Le due cose possono coesistere? Devono farlo? Non so ma i piccoli gesti superstiziosi mi mettono una certa tranquillità.
Se non mi dici in bocca al lupo prima di un evento importante te lo chiedo esplicitamente. E ti rispondo “crepi” anche se sono aperta al confronto sul tema. Se mi guardi cucinare ci sarà un momento, prima o poi, in cui mi beccherai a buttarmi del sale dietro le spalle. E potrei arrivare a insultarti se ti vedessi poggiare un cappello sul letto.
E, visto che ci sono, non ti nascondo neanche che Paolo Fox mi può risollevare una giornata con due paroline di incoraggiamento (anche se negli ultimi due anni mi ha buttato solo giù gratuitamente, con la scusa di un saturno contro che ora dovrebbe essersi finalmente levato dai coglioni).
Sono poi piena di ninnoli con maschere apotropaiche che sono convinta mi proteggano dal rischio di inciampare e cadere rovinosamente durante un incontro importante o di far andare a fuoco casa mentre sono via. Normale, no?
Fatto sta che anche la superstizione come il pessimismo difensivo rappresenta un modo per gestire l’ansia. E i piccoli gesti scaramantici o i portafortuna possono infonderci un po’ di sicurezza che gioca a nostro favore durante prove decisive o momenti di stress.
Quello che mi stupisce ogni volta è scoprire l’origine di alcuni gesti o di alcuni oggetti portafortuna. Per esempio perché il viola porta sfiga in teatro? E perché incrociare le dita porta fortuna? Perché in Italia tocchiamo ferro mentre in altri Paesi si bussa sul legno?
C’è qualcosa che fai anche tu? Un portafortuna che ti porti dietro? Davvero sono l’unica pazza retrograda qui?
Saluti
Questa newsletter è una velleità che porta fortuna. Recenti test scientifici hanno dimostrato che condividerla con i tuoi contatti e parlarne bene in giro aumenta del 30% la possibilità di trovare una banconota di grosso taglio sul marciapiede.