In fondo?
Questa newsletter è una mia velleità che si sente spaesata e circondata da ciarpame. Poi alza lo sguardo e invece no, non aveva capito nulla.
Mi guardo intorno e vedo email di Asos, Amazon, Uber Eats, sconti, promozioni, soluzioni, segreti dell’acqua calda. Che ci faccio nello spam? Come ci sono finita?
Non so perché arrivo in posta indesiderata, è davvero una brutta sensazione. E mi dispiace che la domenica mattina tu ti debba ricordare di questa newsletter e andartela a cercare in quel cumulo di roba inutile. Però fatti dire che andarsi a cercare qualcosa, in mezzo a montagne di roba brutta, può dare grande soddisfazione. Non esisterebbero i mercatini altrimenti, no?
Io ad esempio ieri sera sono andata a cercare il buonumore dopo una settimana piena di cose storte. Ammetto di essere fortunata perché quando ho bisogno di buonumore so precisamente dove andarlo a cercare. C’è un posto specifico, una persona specifica, una formula magica che funziona sempre.
Però può creare un disguido: dover riscrivere tutta una newsletter all’ultimo minuto perché quello che avevi scritto ieri oggi non vale più. Non sei più giù di morale, non ti riconosci più nell’atmosfera che avevi descritto.
E va bene, non c’è da lamentarsi, però mi fa pensare a quanto distorto sia in questo momento il confine tra superficie e baratro. A quanto sembri più facile, e per questo spaventoso, cadere, sprofondare. E a quanto risulti invece difficile guardarmi un attimo intorno per capire che c’è una salita dolce alle mie spalle che mi riporterà su con grande agio.
Il punto è che dovrei imparare a voltarmi per cercare alternative, non per distogliere lo sguardo. Ma concentrarsi sul bello non mi viene sempre spontaneo, perché mi distraggo spesso. Ci sono mille cose da fare, moduli da compilare, raccomandate da andare a prendere perché sei uscita per 8 minuti netti, e-mail a cui rispondere, chiamate perse da recuperare, tantissime password da inserire, codici che ti arrivano sul telefono. Codici che ti arrivano sul telefono. Codici che ti arrivano sul telefono. Codici che ti arrivano sul telefono. Quanti cazzo di codici mi arrivano sul telefono?
Il consiglio prezioso
Piena: 8 caratteri e almeno un numero, un simbolo, una maiuscola e una minuscola: F@ncul0.
Riflettevo
Mi sento soggiogata dalle chiavi di accesso. Non sto invecchiando io, ne sono sicura. Cioè sto invecchiando ma non è per questo che non riesco a stare al passo. È il passo che è folle.
Ho dovuto aprire un nuovo conto in banca, mettendo circa 120 firme, 3 per 40 fogli. Mi arriva un sms. Questo è il tuo pin e tra 24 ore questo messaggio si cancellerà automaticamente. Aspetta, dammi il tempo, faccio uno screenshot. Ora scarica la app. Autorizzo il download con touch ID. Scegli un codice numerico di 8 cifre. Subito, certo. Ora scegli un codice da 6 cifre per autorizzare le operazioni. Va bene, poi basta, giuramelo. Accedo al mio conto da computer. Devi aprire la pec. Dov’è la password della pec? Ah sì l’ho segnata su drive. Brava polla, accedo a drive. Non questo, l’altro account. Inserisco la password. Vuoi memorizzarla? Sì certo, ovvio, tanto se mi rubano il computer mi ammazzo, che mi frega. Adesso davvero accedo al conto. Inserisci ID e password. La notifica è stata consegnata: controlla il tuo smartphone, premi sulla notifica e segui le istruzioni. Sono di nuovo sul cellulare. Autorizza il tuo accesso e poi torna sul computer. Dio santo ma sono sempre io.
Questo mentre sto ancora metabolizzando la bufera di codici e livelli di sicurezza che ho attraversato per attivare lo SPID dell’INPS, che ha un pss nella mmm.
Mi rifiuto di pensare che sia colpa mia. Ho davvero tanta gente intorno che sta perdendo il senno dietro a password, account e registrazioni. E così, mentre ci preoccupiamo dei danni psicologici causati dai social, dell’uso e abuso dei nostri dati personali, dei disturbi comportamentali connessi alla tecnologia, io mi limito a sentire l’ansia del tempo che questa tecnologia mi fa perdere ogni giorno, perché, affinché sia lei più efficiente o sicura, non è più chi la progetta a dover trovare una soluzione ma sono io costretta a dedicarle più energie e attenzione. Perché non ho in realtà nessuna scelta ma è importante che io dica di sì a tutti i cookies o blocchi l’ad-blocker o salvi tutto in un portachiavi digitale progettato da un perfetto estraneo.
Non hai la sensazione di essere alla fine di un lunghissimo scaricabarile che sta rendendo tutto più difficile per te? Non ti sembra di assistere a una burocratizzazione contorta di uno strumento che in teoria nasce per velocizzare e semplificare?
E mentre io sbrigo le rogne, le macchine invece imparano a dilettarsi con le arti. Cioè, ora, se ti dicessi che tutto quello che hai letto finora non l’ho scritto io ma un’intelligenza artificiale?
No scherzo, sono io che ti scrivo, come sempre. Che colpo di scena meraviglioso sarebbe stato? Purtroppo no, non in questo caso.
Ma non perché non sia fattibile: le AI scrivono, dipingono, danzano. E noi, poveri stronzi, lì a memorizzare password. Andiamo anche a preparare degli stuzzichini per il loro aperitivo in terrazza?
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Sea
Mentre mi arrovello sull’ostilità della tecnologia e sulle mie stupide angosce da tenere a bada, mi faccio anche regalare ansie altrui, facendomi travolgere dalla minaccia dell'innalzamento del livello del mare che porterà in qualche decennio alla scomparsa delle aree costiere. Perché mentre sono concentrata, raggomitolata su quello che non va nella mia piccola vita c’è anche chi si preoccupa di problemi globali e prova a sensibilizzarmi sul tema.
Però questa l’ho arginata sul nascere. E quindi no, Serena, non me la compro una casa in montagna. Mi farò sommergere anch’io dall’acqua, visto che l’unica cosa che riesce davvero a trasmettermi quiete al momento è questo profilo instagram:
Ci sono video e immagini di cavallucci marini che partoriscono, tartarughe, meduse giganti, squali e murene a nastro. La murena a nastro devi andarla a vedere, ti prego.
Quindi sommergimi oceano, salvami tu, regalami silenzio e bellezza.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Tanto ci sarà da nuotare.
Billabong - € 85
You Better Network
Nelle ultime newsletter ti ho parlato in modo un po’ troppo intimo forse. Sento di essermi esposta. Ma ci sta. A meno che non ti metta a disagio. E io questo non lo so. Questo rapporto che stiamo creando è diverso dal solito. Quando ti parlo non so cosa pensi, non vedo le tue espressioni, non so se sbuffi, se ti guardi intorno con imbarazzo, se mi sorridi o se annuisci. Leggo delle statistiche, è vero, ma non mi sembrano un metro sufficiente in una conversazione come la nostra.
È che io non sono brava nello small talk. Non lo sono mai stata. E non mi piace per niente poi. Parlare del tempo, del traffico, del lavoro, senza entrare troppo in profondità, non credo faccia per me, l’avrai capito. Eppure sono queste le regole: mai argomenti troppo personali quando si conosce poco qualcuno. E se mi sembra giusto evitare temi delicati, non ce la faccio, pur restando sui binari, a trattenermi in superficie. E il rischio sproloquio è sempre dietro l’angolo.
Il fatto è che sono sempre più convinta che non importa l’occasione o il ruolo che tu pensi di attribuire a un incontro. Dove andrà quella conoscenza non puoi saperlo. E tenerla imbrigliata solo per convenzione mi sembra proprio una sciocchezza. Penso che mostrarsi con apertura e spontaneità sia l’unico modo per essere sereni nella conversazione, lasciando che la nostra personalità parli per noi.
In questo momento poi, in cui stiamo parlando di malattia ogni giorno, di drammi, confusione, paure e sconfitte, non saranno ormai cambiate le regole? Non saremo forse tutti più inclini a dire la verità, quella più profonda, anche al primo che passa?
Resta poi l’aspetto più importante, nel networking, perché di questo stiamo parlando, ma anche nei rapporti già consolidati: l’ascolto. E ascoltare qualcosa di intimo, domandare con interesse, non interrompere, partecipare a quello che ci viene detto è la cosa più difficile, però va fatta: è un dovere. Non solo per essere più bravi a creare una propria rete di contatti, ma anche per rendere il mondo un posto ancora sopportabile, prima che venga sommerso dagli oceani e che gli unici interlocutori a nostra disposizione siano delle splendide murene a nastro.
Saluti
Questa newsletter è una velleità che riceve anche messaggi che emozionano. E se all’inizio il senso era mandarla, ora tanto senso lo sta trovando in quello che riceve. Raggiungimi dove vuoi, sul mezzo che vuoi, con i tempi che credi. Perché fa la differenza sapere quanto mi senti. Cambia tutto. Cambia anche tutto quello che avevo già scritto e che ora è già cambiato. Appunto.