C’è stato Sanremo. Sì ma domani è 8 marzo. Direi di partire da domani, tanto nel domani c’è anche un po’ di ieri, fidati.
Quindi domani. Domani è 8 marzo. Per anni mi hanno venduto l’8 marzo come festa della donna e già qui (clicca su questo link, ti prego assecondami) non ci siamo. L’8 marzo non è la festa ma la Giornata Internazionale della Donna. Che ha già un tenore diverso, no?
E perché proprio l’8 marzo? Perché la data ricorda un tremendo incidente di massa sul lavoro nel quale sarebbero rimaste uccise centinaia di operaie nel 1908. E anche qui (dai dai dai, che ti costa) no. In realtà ci fu sì un rogo nella fabbrica Triangle a New York che causò la morte di 123 donne e 23 uomini. Ma avvenne il 25 marzo del 1911 e non è da questo che trae origine la Giornata Internazionale della Donna.
E quindi? Come spesso accade Stati Uniti e Russia litigano per attribuirsene il merito. E sembra che i primi anticiparono i tempi con una manifestazione del movimento operaio femminile. Però è anche vero che l’8 marzo del 1917 a San Pietroburgo le donne scesero in piazza per chiedere la fine della guerra e dello zarismo. E in onore di questo evento Mosca istituì nel 1921 la “giornata internazionale dell’operaia”, l’8 marzo appunto.
In Italia la giornata internazionale della donna fu celebrata per la prima volta il 12 marzo (prima domenica dopo l’8 marzo) 1922.
Un po’ di coordinate che possono tornare utili, no?
Il consiglio prezioso
Bah: Sì, all’inizio siamo tutte convinte che andiamo più d’accordo coi maschi che con le femmine, ma è una cazzata.
Riflettevo
Le cose per cui battersi e da rivendicare per ottenere la tanto agognata parità di genere sono moltissime. Si parte con la parità salariale ma di urgentissimo c’è anche la lotta alla violenza di genere e alla discriminazione, la questione della tampon tax (che forse sembra meno crudele come afflizione ma fa girare i coglioni), la denuncia di molestie (su cui negli ultimi anni ci siamo concentrate con grande energia).
E poi c’è la lingua, che sembra meno urgente ma è l’unica cosa di cui ti parlo perché ti ho promesso che ti avrei dato un po’ di Sanremo. E da Sanremo mi arriva uno spunto: Beatrice Venezi è direttrice o direttore d’orchestra? Secondo me direttrice ma parliamone. Lei dice, in sostanza, che quello che conta è il talento e che la sua professione ha un nome (unico e preciso): direttore d’orchestra. E io ti dico di no, invece: il femminile di direttore esiste e lotta insieme a noi ed è “direttrice”, termine diffusissimo in numerosi settori. Il motivo per cui non è comune nell’abbinamento a “d’orchestra” è semplicemente perché questa professione è da sempre appannaggio esclusivo degli uomini. E tu dovresti rivendicarlo il tuo suffisso femminile visto che sei riuscita a farti strada in un mondo di turbo-maschi.
Il vero problema è, come suggerisce Vera Gheno, che le donne stesse avvertono una differenza di status tra maschile e femminile, come se la formula femminile fosse svilente. Il “Maestro” ha un’accezione altisonante mentre la “Maestra” rimanda alle scuole elementari. Il “Segretario” è di stato o di partito, mentre la “Segretaria” batte a macchina e ti porta il caffè. E così se il “Direttore” manda avanti un giornale o dirige un’orchestra, la “Direttrice”, con la sua crocchia in testa e gli occhiali a punta, insegna le buone maniere alle collegiali.
Su Direttrice quindi io proprio mi impunto, il femminile c’è, usiamolo. Capisco per professioni che una formula stanno ancora assestandola o che ci sembrano cacofoniche perché le abbiamo sentite o usate ancora poco (medica, avvocata, sindaca). Parliamone, confrontiamoci. Ma se c’è già, cacchio, usala.
Difendo poi strenuamente l’uso univoco dei participi presenti con articolo appropriato: il Presidente, la Presidente. Lo so, anche qui il suffisso (la presidentessa) è abbastanza radicato ma deriva originariamente da un’intenzione diversa, come nel caso di altri termini: la contessa era la moglie del conte, l’avvocatessa la moglie dell’avvocato, la generalessa la moglie del generale (o una che cercando di imporsi con la sua assertività doveva essere presa per il culo con un soprannome).
By the way, Laura Boldrini non ha mai chiesto di essere chiamata presidenta. Non è mai successo.
Io fin qui ho le idee chiare. Ho molta più difficoltà a parlare del plurale maschile indifferenziato e delle sue possibili soluzioni (come schwa o asterischi) perché non sono all’altezza. Quest’intervista, sempre a Vera Gheno, può esserti forse più utile.
E sappi che mi rendo benissimo conto di rivolgermi a te spesso al maschile. Cerco per quanto posso degli escamotage per evitare ma non ci riesco sempre. È che ho lettori e lettrici e lo slash mi suona così poco colloquiale. Ci ragionerò su.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
La famiglia Karnowski di Israel J. Singer
Ho finito La famiglia Karnowski, una saga familiare che attraversa tre generazioni, diversi avvenimenti storici (senza mai citarli precisamente) e diverse ambientazioni geografiche.
Non è esattamente un’ultima uscita, anzi, ma io l’ho letto solo ora e per questo te ne parlo. E lo metto in questa newsletter che parla di questione femminile anche se i protagonisti sono tutti uomini. Sai perché? Innanzitutto perché è un romanzo grandioso che devi leggere. Ma anche perché il nodo centrale della storia è il rapporto conflittuale tra padri e figli.
E io ho pensato che si parla sempre di rapporto conflittuale tra madre e figlia, come se fosse una condanna e una colpa del carattere femminile, mentre anche tra padre e figlio il rapporto è teso, delicato, complesso. E spesso è ben più teso perché non sviscerato, lasciato lì a sedimentare in silenzio, appesantito da una sensazione di impotenza.
E mi ha affascinato pensare che se nella letteratura il tema è trattato, nella conversazione quotidiana sembra quasi assente. Tu ne senti parlare spesso?
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Mi staranno malissimo, vero?
Oysho - € 45,99
Guilty Pleasure
Vabbè dai, da qui in poi parliamo di Sanremo e basta, no?
Sì, però un altro accenno alla questione femminile fammelo fare, solo uno giuro: il caso dei fiori di Sanremo. Alcune cantanti hanno preferito cederli ai loro colleghi uomini. A me il gesto è piaciuto.
Quanto al festival in sé devo dire che non mi ha entusiasmato. E l’assenza di pubblico avrà contribuito ma non è stato quello il vero motivo. È stato semplicemente noioso, nella conduzione, negli sketch, in molti dei temi trattati con gli ospiti. Il podio poi deludente.
Le performance che mi sono piaciute di più te le metto in ordine qui e qui e qui (86 anni eh).
Per loro invece faccio un’eccezione, ti metto il video ufficiale:
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità che riesce a prendere due piccioni con una fava. E diventa ancor più vero se decidi di condividerla dove e con chi vuoi tu.