Hai visto che mi manchi?
Questa newsletter è una mia velleità che non riesce a fare a meno di te perché è probabilmente vittima di un incantesimo.
Ecco lo sapevo che poi ti scrivevo. Come stai? Come va? Anche tu sei in vacanza?
Io qui sono finita nel giorno della marmotta. Mi sveglio, vado al mare, pranzo lì, poi torno a casa e mi faccio la doccia, mi asciugo i capelli per circa nove ore, poi ceno con la mia famiglia, gioco con mia nipote, guardo un film e vado a dormire. Marito prova ogni tanto a deviare dal percorso, a proporre gite, ristoranti e alternative. E ogni tanto ci riesce pure, nonostante le mie resistenze. Sì, forse è lui a essere incastrato nel giorno della marmotta, poverino. Io mi sa che sono semplicemente la marmotta.
È che quando veniamo in vacanza a Crotone, mia città d’origine, subisco un po’ una trasformazione. Non così evidente o esagerata. E niente di spirituale, di romantico, di sognante. Semplicemente parlo meno e rispondo un po’ meno agli stimoli. E se parlo è per lamentarmi di qualcuno o di qualcosa, o per abbandonarmi a qualcosa che dall’esterno sembra una sorta di amarezza. Non è nostalgia, non è malinconia, non è tristezza. Non lo so che cos’è, so che potrei stare ore senza dire o fare niente. Senza controllare il cellulare, senza interagire con cose o persone. Potrei stare senza muovermi, guardando il mare (se vuoi vederla in modo più cinematografico) ma anche fissando un muro o una porta o una ciabatta (se vuoi la verità).
Il fatto che io stia lì immobile non vuol dire che sia calma e rilassata. Tutt’altro. Sto lì a pensare, calcolare, rimuginare su eventi passati, presenti e futuri. Faccio supposizioni, immagino conflitti, litigo con qualcuno che ancora non conosco o che ancora non mi ha fatto niente.
Oppure muoio d’amore per il mare e mi tormento all’idea che ci dovremo lasciare a breve. Insomma, non sono serenissima.
E non aiutano le incursioni dall’esterno: la cronaca nera che imperversa, così come gli incendi, il caldo che diventa un cattivo che ci odia a morte, il covid che l’anno scorso era andato in ferie e quest’anno no, i talebani, perché abbiamo ricominciato a parlare di talebani. Ora, lo so che non ti sto regalando un’analisi geopolitica raffinata, ma tu non provi semplicemente fatica, una fatica assurda, quando leggi o senti notizie sui talebani?
Il consiglio prezioso
Some people stand in the darkness. Delle passeggiate in acqua, mi sembra ovvio.
Riflettevo
E, come non mi va di sentire notizie sui talebani, non mi va di sentire nessun’altra notizia. Perché qui è come se fossi a pelle scoperta, più vulnerabile. Ogni cosa mi colpisce di più e mi spaventa di più. Perché qui sembra tutto ineluttabile.
E così, mentre mi dicevano che, a causa di un incendio, era andata completamente perduta una pineta meravigliosa a cui mio padre è particolarmente affezionato, io ripetevo “non lo voglio sapere, non ci voglio pensare, non ne voglio parlare”. E solo adesso, davanti al computer, mentre ho uno schermo davanti che mi fa dimenticare di essere dove sono, riesco a guardare le immagini, a pensarci, a metabolizzare.
Non so esattamente cos’è che mi fa sentire così fragile qui. È un senso di precarietà, un mischione ossimorico di estraneità e profonda familiarità, che mi rende insicura, spaesata.
C’è però una notizia che ho letto con meno fastidio: Bugo che butta il microfono a terra e interrompe un concerto ad Ascoli Piceno.
Seguimi qui, altrimenti mi sa che ci perdiamo: se mi leggi da un po’ sai che ho una mia personale teoria sul disegno cosmico che ci ha catapultati in un anno e mezzo di inferno, piaghe divine e disperazione.
Sì, esatto, è iniziato tutto lì, a Sanremo, con Morgan e Bugo che litigavano. E quindi significherà qualcosa che ora Bugo ha di nuovo interrotto una canzone, no? Vorrà dire qualcosa? Come fai a dire di no? A me sembra palese.
Ok, senti, posto che le discussioni scientifiche finora ci hanno fatto solo litigare, davvero non trovi più salutare abbandonarsi un po’ al pensiero magico? Non è più consolatorio in questo momento deviare un po’ da un noiosissimo nesso di causalità e collegare piuttosto gli eventi per assonanza, per atmosfera, per colore?
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Loki
Allora, sto leggendo abbastanza, sto guardando parecchi film, però voglio creare entropia parlandoti di una serie, senza avere gli strumenti per parlarne. Perché è una serie della Marvel e tu l’hai capito che a me le serie Marvel piacciono moltissimo ma non ci capisco mai niente. Perché mi mancano tutti i riferimenti.
Ti ho già detto che ho provato a recuperare terreno in passato, facendomi maratone di film e condannando Marito a rispiegarmi centinaia di volte i rapporti tra i personaggi, l’origine dei superpoteri, le dinamiche e i conflitti sullo sfondo. Ma è tutto inutile. Continuo a non capirci nulla, il mio cervello non metabolizza la coesistenza di dei e supereroi, non dipana le mappe di universi, non processa i reboot e si domanda imperterrito “ma questo non era morto?”.
Non importa però, Loki è una serie che mi è piaciuta. Te lo dico così, da incompetente, da incosciente anzi, senza dirti perché mi sia piaciuta. Giuro, non ne so parlare, perché, oltre alle solite difficoltà, qui si aggiungono universi alternativi, linee temporali che si aprono e si chiudono, personaggi che incontrano le proprie varianti temporali.
La prima stagione ha un finale aperto e la seconda arriverà chissà quando. Te lo dico per due ragioni:
Potresti come me avere una predilezione per le serie chiuse, finite, concluse che non ti lasciano con la frustrazione dell’attesa;
Io dovrò sicuramente riguardare questa prima stagione quando uscirà la prossima e potrei aver rimosso tutto, persino la consapevolezza di averla già vista e di avertene parlato. Metto le mani avanti. Magari in una domenica del 2023 rileggerai di nuovo una recensione sconclusionata della prima stagione di Loki, sorriderai e penserai bonariamente “niente, questa con la Marvel proprio non ce la fa”.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Guarda che poi un vestito bianco all’improvviso ti serve.
Monki - € 40
Guilty Pleasure
Col guilty pleasure purtroppo dobbiamo restare ancora sul pensiero magico.
Perché può fare male, può allontanare dalla verità, può persino andare a sfociare in disturbi ossessivi compulsivi.
E quindi è un piacere da non prendere alla leggera: bisogna essere consapevoli di quello che abbiamo deciso di abbracciare. Prendi questo guilty pleasure come un bugiardino, via.
Ecco, ora posso confessarti che ogni mattina mi metto davanti a un sudoku e mi dico che se lo risolvo entro tot minuti tutto andrà bene. Lo so che non può funzionare. Lo so che se anche dovesse esistere un oracolo non starebbe sicuramente in una app del sudoku, però quando vedo quei coriandolini pixelati sovrapporsi alla scritta “hai vinto” io provo un bel sollievo.
Perché in un certo senso il pensiero magico può funzionare, fungendo spesso da incoraggiamento: l’idea di indossare un portafortuna, per esempio, agisce su di noi e sulle nostre performance infondendoci sicurezza. L’importante è sapere che non è il portafortuna a funzionare ma il fatto stesso di crederci. Riusciamo però a fare questa distinzione? Riusciamo a ingannarci sapendo che ci stiamo ingannando?
È da questa difficoltà che nascono i danni da pensiero magico. Perché quando ci credi ciecamente o inconsapevolmente non riesci più ad accorgerti che il pensiero magico è nemico della scienza, e quindi anche tuo. Piero Angela, ad esempio, addebita proprio al pensiero magico la tendenza a seguire teorie alternative. Perché ormai si sta diffondendo la convinzione che seguire la scienza convenzionale, condivisa, equivalga a uniformarsi, mentre metterla in dubbio rappresenti l’unico approccio scientifico superstite al mondo.
Ovviamente non è così, perché il dubbio che avvicina alla verità ha tutta un’altra funzione. Non è una forma di contestazione fine a sé stessa, bensì un modo per crescere e acquisire più strumenti. Un modo per avvicinarci a chi ne sa più di noi.
Anche i bambini crescendo iniziano a mettere in dubbio Babbo Natale. Ma quello che stanno mettendo in dubbio non è la verità condivisa, bensì un mondo creato ad arte per loro, e che comincia a scricchiolare quando iniziano a fare i conti con le nozioni che nel tempo apprendono. Lo scopo per loro è capire, avere accesso alla conoscenza, entrare nella comunità di chi ne sa di più, non allontanarsene per cercare una verità alternativa.
Saluti
Questa newsletter è una velleità che ti augura buon ferragosto e che spera di averti fatto una bella sorpresa. Sorpresa che puoi fare a tua volta a qualcun altro condividendola con chi vuoi e dove vuoi.