Ho fatto la prima dose di vaccino. Fino al giorno prima avevo visto mille selfie e sentito racconti di grandi emozioni (e anche di qualche effetto collaterale). Ma non ero comunque preparata. E infatti mi sono sentita tanto spaesata prima, durante e dopo. Ero a disagio, impacciata, avviluppata in un senso di paranoia da film di fantascienza, uno di quei film in cui però non sai fino alla fine se è la protagonista a immaginare le follie che la circondano o se tutti la stanno trattando da matta per nasconderle la verità.
Lo so, lo so, sembra che affronto sempre tutto in modo strano, hai ragione. Non so se sono io che con lo storytelling non ci so proprio fare o se sono le circostanze che rendono le mie esperienze sempre un po’ singolari.
E allora oggi mi aiuti proprio su questo: facciamo una prova insieme e applichiamo al mio vaccino le 5 regole dello storytelling. Ti va?
Prima Regola: non ci sono regole. No, scherzo, prima regola: Conosci e comprendi l’oggetto dello storytelling e l’audience di riferimento; parla con un tono autentico
Allora sì, mi sono fatta il vaccino, te l’ho detto sopra, e me lo sono fatta io, quindi l’oggetto sono io che mi faccio il vaccino. Mi conosco abbastanza bene, conosco un po’ meno il vaccino ma stiamo facendo amicizia e ormai è parte di me. Ho già rovinato l’inizio? Non c’è scritto da nessuna parte che non dovevo anticipare nulla, quindi sull’oggetto ci siamo, no?
L’audience sei tu, non è detto che ti conosca, sicuramente non ti comprendo. Non capisco perché clicchi su alcuni link e su altri no, non capisco quando ti piace la newsletter e quando ti fa cagare. Ami l’abitudinarietà? Se sì, abbiamo un problema. Perché questo episodio della newsletter è un po’ diverso, quindi dovrai tenere a freno il tuo disturbo ossessivo compulsivo.
Deduco da alcune statistiche a caso che Pinkabbestia la gradisci, quindi ti piace il rosa, o forse preferisci le immagini al testo. E allora, diamine, che mi esercito a fare sullo storytelling? Comunque Pinkabbestia te la metto anche oggi, non ti preoccupare.
E ti sto parlando con un tono autentico? Sì, vero? Daje! ✅
Seconda regola: Rispetta le 5 W del giornalismo
Vai partiamo, sono pronta.
1.WHO - Chi è il protagonista della narrazione? Io!
Ho un cerotto in faccia sì. E no, non mi hanno chiesto su quale sopracciglio preferissi farmi iniettare il vaccino, mi ero già ferita prima di arrivare. Davvero vuoi sapere come? No, su, andiamo fuori traccia e il sindaco dello storytelling ci cazzia poi. Però che autentica, con gli occhiali, senza trucco, spettinata, appena sveglia. Bravissima. Proseguiamo.
2.WHAT - Cosa accade nella storia? È la terza volta che te lo dico, sono andata a farmi il vaccino. Ma sei de coccio? (di nuovo tono autentico ✅ ✅)
3.WHEN - Quando avviene la storia raccontata? Mercoledì 23 giugno alle 9.10. Secondo me questa informazione serve poco ma eseguo pedissequamente.
4.WHERE - Dove si svolge la storia? Ecco, questo dettaglio invece è fondamentale. Dico davvero. Perché, mentre tu ti facevi la tua esperienza di ottimismo e speranza e fiducia nella scienza, io stavo qua:
In un posto meraviglioso e assurdo, circondata da centinaia di camici, computer e suore. Ora a te ‘sta situazione non sa neanche un po’ di apocalisse?
5.WHY - Perché avviene la tua storia?
Eh.
Te lo spiego brevemente.
Più di un anno fa è esplosa una pandemia a cui non credevamo all’inizio, poi sì, è esplosa davvero. No, cioè, era già esplosa davvero ma non dovevamo crederci perché se no scoppiava il panico. Non si trovavano mascherine, che però non ti dovevi mettere altrimenti eri allarmista.
Tanti sono finiti in ospedale, tanti sono morti.
E ci hanno chiuso tutti in casa. E abbiamo avuto paura e abbiamo reagito a quella paura nei modi più strani. Abbiamo sfondato internet. Le mascherine sono diventate obbligatorie ma comunque non si trovavano. Ed era sparita pure l’amuchina. E anche i guanti. E quando siamo riusciti a trovare tutto ci hanno spiegato che in realtà i guanti non servivano. In Italia a quel punto è diventato introvabile il lievito, mentre il resto del mondo ha scoperto l’importanza del bidet.
Ci hanno fatto gradualmente ricominciare a uscire ma con la giustificazione, poi anche senza ma col coprifuoco. Poi ci hanno detto che la situazione stava migliorando e hanno aperto tutto, pure le discoteche, e ci hanno fatto andare in vacanza. Ma quando siamo tornati dalle vacanze ci hanno rinchiuso di nuovo in casa per punizione, perché avevamo ballato troppo. L’economia è collassata ma per fortuna sono spuntati i vaccini. Ed erano vaccini sicuri, sicuri per tutti. Poi no, solo per i più giovani. Anzi, abbiamo cambiato idea, solo per i più anziani, non tantissimo per le donne. La prima dose sì e la seconda no.
Alcuni si sono intrufolati, hanno saltato la fila e si sono vaccinati prima di chi ne aveva diritto, altri si sono rifiutati di vaccinarsi per paura degli effetti nel lungo periodo o perché sono convinti che nel vaccino ci sia il 5G.
E, sperando di aver risposto al perché, ecco che mi sono vaccinata anch’io. E proprio ora che ci sono le varianti Delta e Delta plus, che non sono coperte dal vaccino, almeno non dalla prima dose. E la seconda a me la somministreranno dopo 35 giorni dalla prima, ma per chi si prenota adesso i giorni tra una dose e l’altra saranno solo 21. E la spiegazione scientifica di questa differenza di trattamento è che io sono stronza.
Terza regola: Il potere dei dettagli e dell’immaginazione
Che razza di regola è? Dov’è il verbo? Che devo fare? Non lo so, ti regalo un dettaglio a caso. Ecco, all’entrata del centro vaccinale c’era questa:
Tiè, Pinkabbestia.
Quarta regola: Show, don’t tell
Mi sembra un po’ tardi per applicarla, ti ho già detto troppo. Ti ho spiegato proprio tutto.
Cos’è che posso mostrarti senza dirti niente? Ah aspetta, ce l’ho. È un’immagine che ho scattato il giorno dopo il vaccino, in piene allucinazioni, dalla finestra di casa mia:
No, è inutile che mi fai domande, non ti posso dire nulla, è la regola.
Quinta regola: Conosci l’inizio e la fine
Eh, vediamo un po’, qui ho qualche difficoltà.
L’inizio me lo ricordo, ma non posso certo dire di conoscerlo. Ora è pure tornata a farsi seria l’ipotesi che sia uscito da un laboratorio ‘sto virus, o forse è il pipistrello che è uscito dal laboratorio (non più un pangolino) che poi, me ne scuso, per due soldi qualcuno al mercato comprò.
E la fine? La fine? Quale fine? Ma se Israele ha appena reintrodotto l’obbligo di mascherina. Israele, capito? Israele che aveva sconfitto il virus. Israele dove sono tutti vaccinati. E ma la variante Delta è così, che vuoi farci. La variante Delta è il finale della prima stagione, dove c’è il colpo di scena che ti prepara per la stagione successiva.
La fine non c’è. Davvero non c’è, ma chi se ne frega, tanto questo è solo un esercizio di storytelling. C’è sempre tempo di imparare a scriverla ‘sta fine. Di adattarla, addomesticando l’ansia e usandola come stimolo per scavare di più, adottare prospettive diverse, applicare regole nuove. Anche nel modo più sconclusionato possibile. Perché la fine non è lo scopo, è solo una direzione.
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità che sta perdendo il senno e il senso ma insiste e ti ringrazia perché stai qui e la leggi. E la tua presenza si sente. Non è che ti va anche di condividerla con qualcuno a cui vuoi fare un dispetto?