Edizione speciale?
Questa newsletter è una mia velleità che questa settimana ti arriva di sabato.
Ma sì, dai, oggi sì. Perché c’è l’Eurovision ed è in Italia. E qualsiasi altro argomento in questo momento mi starebbe stretto.
Soprattutto però, vorrei godermi la finale di stasera, e magari anche fare tardi, senza dovermi preoccupare domani di scriverti in fretta.
Quindi ti invio la newsletter oggi, di sabato, e ti parlo solo di Eurovision. Lo so, è tutto un po’ diverso e tu peraltro ci tieni parecchio alla tua routine ma porta pazienza, non ti scomporre, è solo per questa settimana.
Il consiglio prezioso
Give me a break: Diversivo e ammorbidente insieme.
Riflettevo
Scriverti oggi vuol dire anche scriverti prima della finale. Prima di sapere chi vince. Ed è divertente perché quest’anno, per la prima volta, non sono concentrata granché sulla competizione. Del resto abbiamo già vinto l’anno scorso coi Maneskin e considero davvero improbabile la doppietta.
E poi se Mahmood non è riuscito a vincere nel 2019 nonostante quel clap clap trascinante di soldi soldi, è difficile che abbia molte più chance chance oggi.
Ma soprattutto quest’anno l’Italia dirige la baracca e io, più di qualsiasi altra cosa, sono preoccupata che vada tutto bene, che si riesca a fare un figurone col resto d’Europa. E questa tensione non sarebbe giustificabile neanche se l’avessi organizzato io l’Eurovision o se dovessi esibirmi, me ne rendo conto, ma sono una persona ansiosa, devo ripetertelo ogni volta?
Aggiungici le origini calabre, che portano in dote il fardello dell’ospitalità esacerbata e il tarlo del cosa diranno i vicini, ed eccomi sul divano a guardare le semifinali in un silenzio che interrompo solo per sospirare e dire a Marito che per fortuna sì, sta andando tutto bene. E persino lui, che solitamente è abilissimo nell’assecondarmi, si stupisce un po’ e mi chiede il perché di questo nervosismo. Perché ci tengo. È questa la mia risposta. Ci tengo.
E poi c’è un precedente disastroso: nell’ultimo Eurovision ospitato dall’Italia nel 1991, condotto da Toto Cutugno e Gigliola Cinquetti, è andato tutto storto e ci hanno riso dietro per anni.
E sono contenta, quindi, che quest’anno stia andando da dio. Sono contenta di assistere a uno spettacolo di tutto rispetto.
E mi entusiasmo di fronte al medley di dance italiana di Dardust, Benny Benassi e Sophie and the Giants. E per la prima volta mi rendo conto che ho mentito tutta la vita, non ho mai detto la verità più profonda: la mia canzone preferita non è una di quelle che cito sempre. Non è quella di nicchia, ricercata, indie magari o sofisticata. La mia canzone preferita di sempre è di Benny Benassi, è Satisfaction, tiè. E lo dico a Marito (che questa volta non batte ciglio) e lo scrivo subito a Franco che mi risponde come merito.
Ma è questa l’euforia dell’Eurovision per me. È come se fosse un’ode al guilty pleasure, con cui per qualche giorno mi scordo chi sono e chi voglio essere, e mi godo senza pretese un circo di generi musicali, icone diverse, canzoni più o meno truzze, musiche che si infettano, nazioni che si alleano, lingue che si mischiano. In particolare lingue che si mischiano, perché si canta in lingue a cazzo. Un po’ nella propria, un po’ in inglese, puoi fare come ti pare. E il cantante della Romania, vestito da torero per metà performance e per l’altra metà da pattinatore sul ghiaccio, può anche cantare Hola mi bebé-bé, llámame llámame.
È un pot-pourri di tutto quello che ti pare. Ed è kistch e liberatorio. Ed è stato liberatorio anche vedere Diodato esibirsi come ospite su quel palco, avvinghiato ai ballerini con tutto quel pubblico davanti, per rifarsi di quell’Arena di Verona completamente vuota del 2020.
Poi, certo, non vuol dire che il covid sia finito, per carità, sia mai che ce lo scordassimo per un attimo, e infatti quelli de Il Volo si sono esibiti in due, col terzo in versione ologramma proprio a causa del covid. Ma devo dire che per fortuna non ne ha risentito la loro consueta esibizione epic metal.
Né riesci a scordarti della guerra, anche se nessuno ne parla, perché manca la Russia e perché la performance dell’Ucraina ti fa venire dei brividi in più, e ti fa tifare con una partecipazione maggiore e guardare tutte quelle bandiere diverse con occhi più malinconici. Persino la bandiera della Macedonia, ti dirò, che ogni anno mi scordo quanto sia estrosa.
Ti dico quali sono le mie nazioni preferite quest’anno? Oltre all’Ucraina, chiaro. Mi piacciono molto la Moldavia, la Norvegia e la Serbia.
Mi dispiace per San Marino perché io ad Achille Lauro, solo per aver cavalcato un toro meccanico sul palco, la finale l’avrei concessa. E invece no, non si è qualificato e perciò stasera non lo vedremo.
Vedremo invece i big five, ovvero le cinque nazioni che non partecipano mai alle semifinali perché vanno dirette in finale (Italia, Regno Unito, Francia, Spagna e Germania) e di cui non so dirti granché, avendo potuto vedere solo delle brevi anticipazioni delle loro esibizioni. Però so che la cantante della Spagna ha il vestito davvero molto simile a quello del cantante della Romania.
E con questa chicca il mio contributo di quest’anno si conclude.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Ma c’è anche il contributo dell’anno scorso. E lo so che è un po’ autoreferenziale ma quando c’è l’Eurovision possiamo tutti fare come ci pare. Quindi ti lascio qui la newsletter di un anno fa, quella con cui abbiamo festeggiato la vittoria.
Può esserti utile, perché nel guilty pleasure di quella newsletter c’erano alcune informazioni in più che magari non hai letto all’epoca o forse hai solo rimosso. E io oggi sto facendo divulgazione, quindi ci tengo.
Può anche farti un po’ effetto, però, come lo ha fatto a me vedere che avevo citato proprio una vecchia performance russa. Ma questo, per l’ennesima volta, dimostra solo che un mondo completamente diverso è sempre vicinissimo e però perso per sempre.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Almeno per qualche giorno, un po’ di glitter sugli occhi.
Nabla - Sephora € 25
Saluti
Questa newsletter è una velleità che vuole cantare in mille lingue e non pensare ad altro, e vuole farlo oggi.