Devo proprio?
Questa newsletter è una mia velleità che vuole fare tante cose, altre le deve fare per forza e altre ancora se le impone per amor proprio.
Guilty Pleasure
Oggi sarebbe bello non scrivere niente. Stare ferma, non mandarti nulla e via, silenzio.
Perché non mi sento in forma, sono un po’ stanca, e l’immagine di me buttata sul divano con un plaid super instagrammabile addosso me l’appenderei sul muro, la userei come screensaver, ne farei volantini da lanciare sulla folla.
Eppure guardami, eccomi qui a scriverti perché i miei plaid non sono belli come quelli delle influencer e perché in questo guilty pleasure il senso di colpa vince a mani basse sulla gratificazione che ne trarrei. Perché lo so che, quando la giornata finirà e io mi sarò riposata ma non avrò adempiuto al compito che mi sono autoimposta, mi sentirò delusa e insoddisfatta. Meno stanca forse, ma di cattivo umore.
E, se da un lato mi fa piacere scoprire che ho finalmente cominciato a individuare e anticipare questi meccanismi un po’ autolesionistici, c’è anche una parte di me che si chiede ma perché non ti fermi un attimo? Perché lavori sempre e quando non lavori ti trovi delle cose da fare che poi comunque somigliano a un lavoro? Perché sei sempre in affanno? Perché non trovi una dimensione più rilassata, quieta, pacifica?
Il consiglio prezioso
Oh hi Mark: Magari poi in cima non c’è quello che stai cercando.
Riflettevo
Non mi fermo perché fermarsi è sbagliato. O perché io lo considero sbagliato. Perché mi spaventa. Perché devo ottenere qualcosa, devo arrivare a una qualche meta. Poi lo so che tutte queste argomentazioni sono campate in aria, si autoalimentano irrazionalmente e sono lì solo a giustificare il mio andare avanti per inerzia. Eppure su di me hanno presa, mi sobillano.
Ma è solo colpa mia se lavoro tanto e penso tanto al lavoro? O c’è lo zampino anche di internet, dei social e di quelle influencer che, sotto i loro plaid pazzeschi, scrivono post motivazionali, lanciano invettive contro la procrastinazione e ti dicono che sì, hanno faticato tanto ma che soddisfazione?
Certo, poi c’è anche qualcuno che ti dice il contrario. C’è chi ha assaporato i ritmi morbidi del lockdown e si dice che la nostra esistenza non può ridursi al lavoro.
E, anche se durante il lockdown io non ho fatto altro che trovare modi per non fermarmi, posso comunque dire di aver fatto un’esperienza simile, di totale inattività, nei due giorni post vaccino. E devo dire che sono stati giorni illuminanti, in cui non ho avuto reazioni avverse, per fortuna, se non questa gaia spossatezza che mi ha costretto, beata, a non fare niente di niente, davvero proprio niente. Ma è durata poco e ha lasciato solo un po’ di nostalgia.
E, forse anche grazie a questi eventi rivelatori, sta montando in giro una vera frustrazione rispetto al mantra della costante corsa alla produttività.
Così, nel leggere di questa frustrazione, mi sono imbattuta in Celeste Headlee, autrice di “Do Nothing: How To Break Away From Overworking, Overdoing, and Underliving”.
Il libro è un vero e proprio manifesto contro efficienza e produttività e ci invita a smetterla di alzare sempre l’asticella, ci sprona a fermarci e a investire il nostro tempo in attività che ci danno piacere piuttosto che spenderlo in una ricerca spasmodica di miglioramento e crescita professionale.
Bè, mi dico, compro il libro, rapita anche dalla scelta del bradipo (che è l’animale più simpatico di sempre) nel video di promozione.
Poi però mi fermo e ragiono un secondo. Perché la storia è che Celeste Headlee ha deciso di scrivere questo libro dopo una sorta di burnout, dopo aver tenuto un TEDxTalk su come migliorare nella conversazione, che è diventato virale e che le ha regalato fama e interviste e richieste di collaborazioni e la pubblicazione di un libro sul tema.
E tutto questo l’ha stancata, l’ha messa con le spalle al muro e l’ha costretta a riflettere su quanto sia spossante farsi assorbire dai progetti professionali, dalle attività, dal lavoro. E fin qui la storia può anche essere fonte di ispirazione, per carità.
Il problema è che, mentre rifletteva su questo, anche questo è diventato un progetto professionale: altri articoli, un libro, una serie di interviste.
Quindi non se ne esce? Anche quando proviamo a fare quello che ci piace o quello che riteniamo giusto stiamo comunque facendo, producendo?
Ti sto scrivendo per piacere o per dovere in questo momento? E, se anche lo faccio per piacere, è diventato un dovere ormai e quindi non va bene? Ma a chi devo qualcosa, a te o a me stessa?
Tipo, secondo te il Capitano Kirk ci voleva andare davvero nello spazio? Sì, sto parlando dell’attore William Shatner che si è fatto convincere da Jeff Bezos ad andare nello spazio per adempiere a due missioni: onorare l’immaginario di Star Trek e diventare il più anziano uomo mai andato nello spazio.
Ora, a me è sembrato che all’atterraggio lui non incarnasse esattamente l’immagine dell’entusiasmo, mi sembrava spaesato piuttosto, messo in mezzo. Si è emozionato moltissimo, certo. Eppure io continuo a pensare: poteva risparmiarsela? Poteva davvero dire di no?
E dopo aver detto sì, una volta partito, o forse proprio appena è atterrato, in quei minuti prima di rilasciare dichiarazioni a bassa voce mentre Bezos era intento a sbocciare champagne a caso, gli sarà passato per la testa un solidissimo ma chi cazzo me l’ha fatta fare?
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Free Guy
Ma se ti fermi, se non spingi sempre sull’acceleratore, come fai a essere veramente protagonista della tua vita?
Perché rimbomba pure questa narrazione, no? L’essere al centro per poter avere un impatto concreto sul nostro presente e sul nostro futuro.
E invece no, non è necessario. Lo so perché ho visto Free Guy, un film che è venuto in mio soccorso e mi ha insegnato che puoi essere dormiente, puoi essere un personaggio anche solo di sfondo e comunque risultare il più importante di tutti.
La storia è super carina: un personaggio non giocabile all’interno di un videogame online si ribella al sistema e inizia a reagire alle angherie dei giocatori. Il suo scopo non è partecipare al gioco, né vincere nulla, ma nella sua dinamica fuori contesto riesce a migliorare le sue abilità fino a ribaltare l’intera prospettiva del mondo che abita e che lo ha creato.
Ormai lo sai, come sempre, detta così boh. Però ti lascio il trailer e ti dico che fa molto ridere.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Ti presento il mio nuovo migliore amico.
Uniqlo - € 34,90
Saluti
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