Ti ricordi quella voglia di rinascita della scorsa newsletter? Bene, è morta.
È morta la voglia di rinascita, sì, all’improvviso, ma l’evento non mi ha stupito neanche troppo perché non è la prima volta che muore. Muore spesso, poi rinasce, appunto, e poi rimuore, più volte, rinasce e rimuore. E anche se ho la sensazione che muoia più spesso di quanto rinasca, mi dico che è impossibile: deve morire tante volte quante rinasce, gli up e i down devono sempre pareggiare i conti.
Il consiglio prezioso
Upside Down: Prova qualche evoluzione per evolverti.
Riflettevo
Mi sto affacciando al Natale con qualche difficoltà. E ti ho già detto che per me Natale è il periodo più bello del mondo. Mi correggo, e mi sa che lo faccio tutte le volte: sulla carta è il periodo più bello del mondo, sono io che me lo immagino come il periodo più bello del mondo, con un’atmosfera meravigliosa e magica e scintillante e dorata sia nelle mie aspettative che nei ricordi su cui queste aspettative poggiano. Poi, in quei lampi in cui riesco nello sforzo di essere razionale, ammetto che nella realtà è un periodo breve, caotico, faticoso e anche malinconico. Ma i miei ricordi, e quindi le mie aspettative, non esistono in valore assoluto, non sono oggettivi e sicuramente non sono razionali. Perché sono rivisti, riletti, rielaborati sulla base di slanci emotivi che assumono la veste di vere e proprie circostanze esterne.
E io, che il flow emotivo faccio sempre difficoltà ad arginarlo, quando posso provo a surfarlo e mi ritrovo di solito a dicembre a farmi travolgere dalla voglia di luci, tavolate, film e musica a tema, distese di tartan, regali, addobbi, besciamella, besciamella, tantissima besciamella.
Quest’anno però ho qualche difficoltà. Non sento ancora l’onda che monta, e mi dispiace. Ma la colpa è mia, tutta mia, sorpresona eh, perché sono concentrata su un garbuglio esistenziale che mi sta buttando un po’ giù e che sta tradendo sia l’aspettativa del Natale che la voglia di rinascita di cui sopra.
Non mi sono mai spacciata per una persona profonda e perciò non dovrebbe stupirti sapere che questo garbuglio esistenziale consiste molto semplicemente nel sentirmi vecchia e brutta. Ora, non ho intenzione di giustificarmi per la pochezza dei miei tormenti interiori quindi non andiamo ad approfondire: la cosa importante è che solo poche settimane fa questo sentirmi brutta e vecchia non c’era, non mi soffocava. E io in poche settimane non posso essere invecchiata più di tanto.
E allo stesso modo la casa in cui vivo, e che giudico troppo piccola o piena di difetti da sistemare, adesso mi sembra un incubo che batte sulle mie incapacità, sulla mia scarsa risolutezza e sulla mia pigrizia. Ma la casa e i suoi e i miei difetti c’erano anche quando mi sentivo in una fase di rinascita. E ci saranno comunque (perché dubito che risolverò qualcosa nel frattempo) anche nella prossima fase di up.
Le cose e le circostanze sono le stesse, e io pure. Ma cosa cambia allora? Cos’è che dà a tutto un colore diverso, un diverso peso, una diversa gravità?
Ma poi vale pure al contrario eh. Quella cosa che ti fa stare da dio all’improvviso perde senso o fascino e non conta più niente, non serve, non aggiunge, non ti fa sorridere né battere il cuore. Mi vuoi dire che a te non succede? Su, pure tu ti entusiasmerai facilmente per un lavoro, un gioco, un vestito, una persona, e però dopo un po’ quell’interesse ti passa e la vita fa schifo di nuovo, oppure l’interesse resiste ma vale comunque meno di quanto ti sembrava prima e diventa meno rilevante sul grafico della tua felicità. È l’interesse a cambiare? È l’entusiasmo? O sei tu invece?
E soprattutto perché, crescendo (sì, tana, invecchiando), i down sono sempre più down e gli up sempre meno up? Come mai ho la sensazione che si sia rotto un equilibrio millenario e che il down abbia preso un palese sopravvento sull’up?
Faccio due conti e rilevo che il down di solito dura di più ed è anche più concreto, perentorio. Arriva e dice fa tutto schifo, poi si ferma e, come un bullo, gongola. Lui ti fa un bilancio e mette un punto, mentre l’up ha sempre il sapore di una speranza, è timido, naif, sta lì e ti solletica, poi se non attecchisce si arrende e, mogio mogio, se ne va in silenzio. È per questo che gli up, le rinascite, cominciano ad avere ai miei occhi un aspetto un po’ truffaldino: non mi fido più di loro, non sono solidi. Di conseguenza me li godo anche meno e così diventano pure meno seducenti. Cioè, non sono granché coraggiosi, non ti promettono niente, non ti danno stabilità e tu, a un certo punto, li guardi con un po’ di sufficienza.
Certo, c’è da dire che pure i down però sono belli ambigui perché, quando mi fermo e mi chiedo cosa ci sia di diverso oggi che mi fa stare di merda rispetto a ieri, non trovo facilmente una risposta plausibile. E poi anche i periodi bui, per quanto si presentino stabili, arroganti e pieni di sé, poi in qualche modo finiscono pure loro e lasciano spazio di nuovo a entusiasmi motivati o immotivati.
Ecco, lo vedi, up e down pareggiano sempre. Eppure io fatico a vederlo.
Forse è perché guardo male, dal verso sbagliato. E guardo male a queste sensazioni di rinascita e sconforto ma guardo male anche alle cose che nella rinascita mi sembrano ok e nello sconforto mi sembrano drammatiche. Per forza devo essere io a guardare male, perché non è cambiata la cosa che guardo, è quella, mentre io all’occorrenza la vedo diversa. È come se la rovesciassi e provassi a leggerla al contrario.
Lo so, lo so, ci sono fattori di tipo squisitamente chimico che incidono, il ciclo, il livello di serotonina, la quantità di sole, lo sport che si riesce a fare, il cioccolato, la qualità del sonno, il taglio di capelli (il taglio di capelli non sarà chimico ma ha comunque valore scientifico, non contestare). Tutto vero. Però non è incredibile che il cervello, che conosce bene questi trucchetti, non sia poi in grado di filtrare, di mettere una tara e tutelarsi provando a guardare le cose dal verso giusto? Il cervello, quell’organo super razionale, quello che sta antipatico a tutte le altre parti del corpo perché può comandarle a bacchetta, pure lui soccombe così alla chimica? E senza neanche lottare un po’?
Sai cosa? Forse tutto dipende da un’illusione ottica, e si sa che il cervello nella trappola delle illusioni ottiche ci casca sempre come un pollo. È chiarissimo, sì, deve essere un’illusione ottica che ogni tanto rovescia tutto e mi fa vedere le cose in basso o in alto a suo piacimento.
E anche tutto questo discorso forse al momento fila perché è tutto capovolto, poi magari lo rileggo domani e mi fa schifo, ma chi lo sa qual è il verso giusto alla fine?
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
L’importante è capire che alcune cose stanno proprio bene capovolte, e va bene guardarle al contrario. E non dovremmo lasciarci tentare dal raddrizzarle se ci stanno bene così, a testa in giù.
È il caso del quadro di Mondrian New York City I che per 77 anni è stato appeso al contrario in tutti i musei in cui è stato esposto. E, adesso che si è scoperto l’errore, si è comunque deciso di lasciarlo così, a testa in giù, per non rovinarlo.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Le palline di Natale di Tiger: in foto non si vede ma c’è anche la 🍆
Flying Tiger Copenhagen - € 3 cad.
Saluti
Questa newsletter è una mia velleità, che non sa bene da che verso guardare le cose. Puoi capovolgere tutto condividendola e consigliandola in giro.
1. Penso che i momenti di down abbiano un peso specifico maggiore (perché ci aspettiamo il peggio, perché non può essere che poi va bene) ma non credo che siano sempre più lunghi col tempo. Per esempio: mentre leggevo mi veniva in mente che in questo mio periodo di down ho avuto tante incursioni di up che però non nomino, me le dimentico. Ecco, forse un esercizio nei momenti down può essere “cerca il tuo attimo up” come i Pichachu (non so come si scrive).
2. Ho riso tantissimo sulle foto di Pinkabbestia al contrario! 😂