Soffro della sindrome dell’impostore. Lo so, il tema è super inflazionato ma io questa croce l’ho abbracciata fortissimo. Il mio senso di inadeguatezza è qualcosa che infilo in ogni discorso e, non potendo permettermi un serio percorso di analisi, ho trascinato in questa mia preoccupazione ogni persona che conosco:
amiche;
amici;
mio padre, che sembra sapere già tutto della questione e sospetto l’abbia vissuta in pieno anche lui;
mia madre, che non crede a una parola perché io sono troppo intelligente, saggia e centrata e quindi dico solo sciocchezze;
tutti gli esercenti più empatici che mi capitano a tiro;
clienti, partner professionali e potenziali datori di lavoro;
gran parte dei tassisti abilitati su FreeNow e itTaxi - Uber no perché se prendo Uber vuol dire che la mia personalità più figa ha preso il sopravvento sulle altre e no, lei la sindrome dell’impostore non ce l’ha.
Ne ho praticamente fatto oggetto di sharing economy, con un modello di business traballante che non ho ancora capito come monetizzare, però mi sembra abbia un grande potenziale.
E quindi lo infilo anche qui o meglio è il motivo per cui siamo qui. Per cui ci sono io ma, se stai leggendo, indirettamente stai alimentando il mio ambizioso progetto.
Ti spiego: so di non sapere nulla e so di non saper fare niente in qualsiasi campo della mia vita. Penserai che fa un po’ a cazzotti con il “ti spiego” iniziale. Dici “questa è presuntuosa”. Sì sì, ma ti manca un pezzo.
Io in questo momento sto proprio combattendo la sindrome dell’impostore.
Non ho mai scritto contenuti: non ho mai avuto un blog o un sito. Ho facebook parcheggiato come un motorino senza ruote in una galleria della tangenziale e un Instagram che uso male e con scarsissimo seguito. E che faccio? Mi apro una bella newsletter.
Sto provando a fare qualcosa che non so fare perché non lo so fare. So che non lo so fare e lo sto facendo dichiarando fin da subito che non so farlo. Non ne ho proprio idea. Un’argomentazione impeccabile che mi porta finalmente in un luogo sicuro sicuro dove non posso avere la sindrome dell’impostore. Dove nessuno mi potrà dire “Ma è solo la sindrome dell’impostore”. No no, questa volta no, non lo so fare!
E allora che sia una velleità. Una newsletter dove parlo di cose che mi piacciono e di cui mi piace parlare. Una serie di riflessioni indispensabili, leggere, cruciali, vane. Tutto. Tutto quello che mi serve e che non porta a nulla.
By the way, qui Mike Cannon-Brookes tiene un TED molto carino sulla sindrome dell’impostore.
Il Consiglio prezioso
L’autunno visto con gli occhi della mia amica più saggia: Compra un trench pazzesco che ha senso mettere solo quando piove. Sarà l’unico sprone a uscire in una giornata di merda. Altrimenti cosa l’hai comprato a fare?
Riflettevo
Da quando non c’è più pubblico in studio, che applaude, fischia, supporta e rumoreggia, mi sembra che i programmi di approfondimento e le tribune politiche siano più carini. Forse un po’ noiosi ma più seri, composti, a modo.
Mi sembra di essere tornata all’infanzia quando i miei guardavano programmi che avevano nella mia testa lo status di “adulti”. I programmi dei grandi. Per gente che non aveva bisogno di spinte da stadio per interessarsi a una riforma pensionistica o elettorale. E io, che mi sentivo esclusa perché ovviamente non ci capivo nulla, avevo la sensazione di essere un po’ dalla parte del giusto, perché i miei si stavano informando e stavano guardando contenuti di peso e non telenovele.
Ecco, mi sento di nuovo con la coscienza a posto adesso a guardare i vari Di martedì, Piazza Pulita, ecc. Fatico a tenere viva l’attenzione ma mi sembra di fare una cosa giusta, senza escamotage, per senso di responsabilità. Lasciateli così.
Come se fosse lunedì
Il proposito che ho rimandato la settimana scorsa
Oggi prenoto almeno due visite mediche che dovrei fare e che rimando da tempo.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Mignonnes
Ho visto Mignonnes in ritardo rispetto alla bufera di polemiche che ha scatenato. E mi dispiace perché senza quelle polemiche avrei avuto un occhio neutro e me lo sarei goduta di più.
Soprattutto mi resta la curiosità di sapere che tipo di reazione incondizionata avrei avuto. Invece ho passato tutto il tempo a smontare quelle sciocchezze che ho letto e sentito prima di vederlo. E le ho smontate perché erano da smontare e perché sono sciocchezze.
La confusione, insieme alla naturalezza con cui una bambina di 11 anni affronta questa confusione, mi è suonata come un’eco lontana sebbene sia stata forte e forse fondativa della mia personalità. Il calore che non sai da dove arriva e che non gestisci, la voglia e la paura, la sfida e l’imbarazzo, il costante imbarazzo, i pianti incontrollati e quelli forzati, scimmiottati, recitati. Ma crescendo non ne ho più parlato e a malapena ne ho sentito parlare.
Non se ne parla perché è un tabù. Un tabù stupido, costruito non per proteggere le bambine ma per impedire a un uomo di gestire e confrontarsi con il suo lato marcio, quello che invece è da affrontare se si spera che la libertà e i diritti delle donne passino per un’evoluzione comune a entrambi i sessi.
Comunque il film è bello non solo secondo me: tra tanti anche Rivista Studio ne parla bene.
Allora? La trave nell’occhio di chi guarda?
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
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Photo by Paul Trienekens on Unsplash
Du spicci
Un vestito dolcissimo che costa poco.
Monki - €35
Saluti
Questa newsletter è una velleità ma è anche una prova. Non sono in grado, ti ricordo, quindi non ho idea di cosa verrà fuori. Se non ti ha fatto schifo iscriviti e ci vediamo al prossimo tentativo! Io invece pubblico, ci sono eh, lo faccio allora. Ecco.