Ho un problema di gestione dell’ordine. Casa è piccola e ci trascorro troppo tempo. Ci lavoro molto anche, ma senza avere una vera e propria scrivania: la mia postazione di lavoro può essere il tavolo della cucina, il divano e persino il letto a volte.
E per questo in ogni stanza sono disseminati quaderni di appunti, penne, agende, fogli sparsi, auricolari, custodie, cavi, cavetti e caricabatterie di device vari.
E pure sui vestiti non me la cavo granché bene. Il mio armadio non è sufficiente, anche se non posso definirlo piccolo. Nella mezza stagione poi lo apro col timore che mi esploda in faccia o mi prenda in ostaggio, perché non risponde ad alcun criterio, e mi riduco a usare sempre le solite tre cose, indossate a strati, una sull’altra, col risultato di avere freddo e caldo insieme a qualsiasi ora.
E così, all’inizio di questa settimana, mi ero imposta una regola. Avevo deciso di disfarmi di un oggetto al giorno. Ho anche pensato che oggi ti avrei potuto raccontare di questo nuovo proposito e inaugurare una rubrica fissa con la lista degli oggetti buttati o regalati o portati a un mercatino ogni settimana.
E lì per lì mi sembrava davvero una buona idea coinvolgerti in questa conta, visto che hai un’ottima influenza su di me e sei già in grado da più di un anno di motivarmi e farmi restare fedele all’impegno di scriverti con costanza.
Il consiglio prezioso
There is no spoon: ti passa la voglia di piegare le regole quando scopri che non sono regole.
Riflettevo
Poi però non ho buttato niente. O meglio, lunedì ho buttato un quaderno di appunti e quattro o cinque fogli A4 pieni di scritte incomprensibili. Poi basta, la regola non ha attecchito. Avrei potuto proseguire ancora qualche giorno ma non sarei durata a lungo, l’ho capito subito, c’era qualcosa che non funzionava.
Eppure in passato mi ero data una regola simile, che aveva funzionato però, e cioè mi ero impegnata a disfarmi di un oggetto ogni volta che compravo qualcosa di nuovo.
Ora a te potrà sembrare ovvio. Dirai che, certo, con la gratificazione immediata sei più motivata. Ma non è esattamente così: non è che l’oggetto nuovo fosse il premio per essermi disfatta del vecchio. Io mi compravo un paio di scarpe a prescindere, e poi, quando tornavo a casa, sapevo di dover abbandonare per sempre un altro paio di scarpe o, che ne so, un maglione. Non si trattava di un incentivo: è che mi ero convinta che casa mia potesse contenere un tot di cose, il mio armadio un tot di vestiti, e quindi era la conformazione che avevo attribuito all’ambiente a rendermi responsabile per quella gestione dell’ambiente stesso.
Avevo creato un piccolo sistema di self-nudging, una cosa fighissima che letteralmente significa auto-pungolamento e che consiste nel darsi una “spinta gentile” verso il comportamento più corretto.
Il nudge non è né un’imposizione né un incentivo vero e proprio, ma è piuttosto un sostegno, un aiuto tenue e indiretto che ti indirizza naturalmente verso la decisione giusta, un pungolo appunto.
La teoria dei nudge è una cosa seria, molto più seria delle mie scarpe (scusate scarpe, non lo penso davvero), che ha dato un contributo fondamentale agli studi di economia comportamentale.
Secondo questa teoria, singoli individui o gruppi sociali possono essere indirizzati verso una certa decisione grazie a interventi sul contesto in cui la decisione viene presa. Si agisce quindi sull’architettura delle scelte per rendere più facili e spontanee quelle più salutari o desiderabili.
L’esempio più ricorrente di applicazione della teoria dei nudge (forse anche perché è il più divertente) è quello della mosca disegnata al centro dei water in alcuni bagni pubblici maschili che, fungendo da bersaglio, sembrerebbe spronare gli uomini a una maggiore precisione nell’uso dell’arnese.
Altro esempio di nudge è quello della ricevuta del prelievo al bancomat, la cui architettura di scelta è disegnata in modo tale da farci optare per la rinuncia: per richiedere la stampa bisogna spingere sul sì, il cui bottone di solito è posizionato a sinistra, scelta meno facile per i destrimani.
Certo, il nudge può essere sfruttato anche per meri scopi di profitto o marketing, ma preferisco concentrami di più sul suo valore di rinforzo positivo, perché lo trovo più utile alla mia causa, che è quella di hackerare il mio ambiente decisionale per vivere meglio e fare scelte più salutari.
Voglio prendere esempio dalle mense scolastiche, che posizionano i cibi meno salutari in posti scomodi e quelli più salutari ad altezza occhi, in modo tale da incoraggiarne il consumo. E quindi da oggi non mi vieterò l’acquisto di buste giga di patatine ma le metterò sullo scaffale più alto della mia dispensa.
Che poi, se ci penso, proprio questa settimana ho applicato inconsapevolmente la teoria dei nudge sul mio gruppo ristretto di amici. Visto che di recente fatichiamo sempre un po’ a incontrarci, li ho convinti a stabilire un appuntamento fisso ogni giovedì per un aperitivo. Il nudge qui è una sorta di pungolo di prossimità geografica: ci vedremo ogni settimana a turno nel quartiere più comodo per uno o una di noi. E secondo me può funzionare, non solo perché quando tocca al tuo quartiere fai meno fatica a uscire, ma anche perché rinunciare è proprio da stronzi quando capita in un posto scomodo, visto che gli altri per venire da te lo sforzo l’hanno fatto.
Ad ogni modo giovedì ci siamo visti, ti faccio sapere se dura.
Claudia 💞
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Ted Lasso
Sto vedendo una serie diversa. Diversa nel tema, nel tono, nel motivo per cui la guardo. E mi sta piacendo da morire.
E ho rischiato di non vederla perché sulla carta non doveva piacermi e anche il trailer mi aveva scoraggiato. Vabbè, te lo metto qui, così valuti tu. Anche se penso proprio che non dovrei, perché secondo me poi decidi di non vederla ed è un peccato.
Ti dico subito che, sì, la storia è quella di un allenatore di calcio (in realtà un allenatore di football americano che viene chiamato ad allenare una squadra di calcio inglese) ma la serie non parla veramente di calcio.
Il calcio è più sullo sfondo, rappresenta una semplice cornice, perché la storia è invece quella di un diverso modo di affrontare la vita, le scelte, le difficoltà. È una storia che dovrebbe ispirare, e lo fa, senza fare ricorso però ai soliti modelli vincenti o crescendo epici.
Qui sono piuttosto la leggerezza e la delicatezza del protagonista, insieme alla semplicità di alcuni meccanismi narrativi, a riuscire non solo a ispirarti, ma a illuminarti proprio.
Provo col nudge che Marito ha usato con me: Ted Lasso ha vinto sette Emmy, dopo aver ricevuto venti nomination (prima volta in assoluto per una serie comedy esordiente), due WGA Awards, un Golden Globe per il miglior attore di serie comedy. Ha anche un punteggio altissimo su Rotten Tomatoes.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Questa me l’ha regalata Francesca
Questa l’ho rubata a Francesco
Almeno questa l’ho fatta io
Du spicci
A maniche corte, sì, poi ci metti sopra qualcosa, poi qualcos’altro ancora.
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Saluti
Questa newsletter è una velleità che ha bisogno di pungoli e, quando li trova, li condivide con te.
Anch’io ho un gran bisogno di pungoli per togliere cose e fare spazio. Ma non ci riesco😘