La scorsa settimana non ti ho scritto.
Questa volta però non mi voglio scusare, perché ho capito che non devo sentirmi obbligata nei tuoi confronti, altrimenti poi ti prendo in antipatia e litighiamo.
O meglio, io litigo con te ma da sola, perché tu sei lì che non puoi neanche dirmi che ho frainteso, che mi sto inventando tutto e che non c’è motivo di scaldarmi.
Ma non voglio litigare con te, da sola con te appunto, perché vengo da giorni positivi, stancanti ma positivi. Giorni in cui ho avuto qualche soddisfazione di lavoro, sono riuscita a sistemare una nuova libreria che, insieme a Marito, dovevamo far fare da anni, e sono stata persino a una mega festa che mi ha fatto ricordare com’era la vita, quanto si ballava quando si viveva, quanto ci si divertiva, quanto si soffriva sui tacchi alti.
E poi sono stata in compagnia di persone che mi hanno fatto stare bene, che non mi hanno preso a ceffoni quando ho deciso di deturpare la mia chioma chilometrica con un taglio di capelli sbarazzino.
Ecco, mi sono assentata, sì, ma sono stata super presente in realtà, a me stessa e agli altri. C’ero, capito? Ero proprio io, con tante cose e tanta gente attorno, e con qualche pigiama in meno a farmi compagnia.
E ora vorrei restare ancora un po’ sulla scia di queste belle sensazioni, godermene l’energia fino a quando dura, combattere contro la tentazione di risse fantasma.
Il consiglio prezioso
Haha, shut up: Quando ti interroghi su qualcosa concediti la libertà di non ascoltare la risposta.
Riflettevo
Che poi, non so per te, ma mica è facile godersi le cose.
Perché quando ti succede una cosa bella o quando trovi una soluzione a questioni rognose, basta un attimo poi per perdere la concentrazione e risprofondare nelle preoccupazioni, nelle nuove incombenze, nella paura che tutto peggiori.
Un’ansietta sgradevole si diverte, soprattutto quando non te l’aspetti, a presentarti ipotesi catastrofiche, futuri nefasti, compiti che non sarai mai in grado di svolgere.
E persino in questi giorni piacevoli ho fatto fatica a scappare da queste incursioni, a liberarmi dai pensieri negativi che mi inseguivano con tenacia.
E ho anche provato, con un certo impegno, a considerare i pensieri come nuvole da osservare e far scorrere via con gentilezza. Ma poi ci ricascavo e i pensieri mi si aggrappavano addosso e non mi mollavano. E, se fuori c’era di che stare bene, dentro, in testa, mi si affollavano conversazioni immaginarie con me stessa o con qualche arcinemico random che boh, davvero, perché?
Ma parlare da soli è parlare con sé stessi? Te lo chiedo perché io comincio a fare confusione.
C’è il monologo interiore, quella vocina che ti racconta cosa è successo, cosa ne pensi di un avvenimento, cosa vuoi o cosa ti aspetti di fare. E in teoria te lo racconta proprio a parole, come nei film quando ascoltiamo tutte le ragioni di un personaggio direttamente dalla sua testa.
E non tutti ce l’hanno questo monologo interiore: alcuni non pensano secondo una vera e propria narrazione ma si fanno piuttosto attraversare da concetti astratti o immagini.
Ecco, io non lo so se penso in un modo o nell’altro. E non lo so perché così, su due piedi, non mi sembra che la mia vita sia accompagnata da una radiocronaca. Allo stesso tempo però sto pensando che ci sei tu, e gli sproloqui che ti propongo ogni settimana, prima di finire qui sulla tua email e ancora prima sul mio computer, saltano e sgambettano dentro al mio cranio proprio in parole. Chi lo sa? Magari sei tu il mio monologo interiore?
Una cosa su cui invece sono sicura al 100% di dedicare una raffinata attività di verbalizzazione mentale è il litigio immaginario, quello scontro che mi trovo a sostenere con qualcuno che odio o a cui voglio un bene pazzo, però da sola e senza che la persona interessata sia presente. Spesso senza che la persona mi abbia fatto poi nulla. Cioè, molto spesso mi invento proprio il torto subito. Se invece il torto c’è stato, e magari c’è stato anche un accenno di discussione reale, ecco che arriva l’esprit de l’escalier, una delle più grandi frustrazioni che si possano provare: la risposta a una provocazione subita, quella giusta, quella davvero perfetta, che però arriva quando ormai la conversazione si è conclusa. Quell’avrei dovuto rispondere così che ti martella in testa per giorni e ti tortura, e che non vedi l’ora di sfoggiare alla prossima occasione utile.
Poi c’è il self-talk, il parlare a sé stessi, che nel mio caso è rappresentato quasi sempre dalla frase “sei proprio scema” ma che nelle persone più adatte alla vita può anche assumere la forma di auto-incoraggiamento o di rinforzo positivo.
E infine c’è il parlare davvero da soli, ad alta voce, che non voglio far ricadere nello stereotipo della pazzia perché quasi tutte le persone che conosco lo fanno, quindi saltiamo a piè pari la questione e diciamoci che è ok e che ormai si può fare senza problemi anche per strada indossando degli auricolari e simulando una telefonata.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Gelo - Thomas Bernhard
Mi sono dilungata un po’ oggi e, anche se devo compensare il silenzio della settimana scorsa, non voglio prendermi troppo spazio nella tua domenica.
Quindi non ti consiglio nulla e condivido con te solo una pagina di un libro che ti dimostra quanta strada hai ancora da fare nel campionato del tormento interiore.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Prova a disorientarti così.
Zara - € 59,95
Saluti
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