Che ne so?
Questa newsletter è una mia velleità. E le velleità spesso incontrano degli ostacoli.
Ignorando per un attimo il ritorno a bomba di pandemia, minacce di lockdown, ansia, scorte di farine integrali, in questi ultimi giorni la mia nemesi è stata l’asimmetria informativa. E ti racconto subito.
La scorsa settimana ero in giro con A quando la macchina ha deciso di fermarsi e attivare messaggi di allarme come “avaria airbag” e “servosterzo compromesso”, poi tutte le levette sul quadro hanno iniziato a sfarfallare e non c’è stato più modo di riavviare il motore.
Un elettrauto ci ha raggiunti a piedi, ha sentenziato “eh, la batteria”, ha sistemato tutto facendoci ripartire e, mentre stava andando via, ci ha detto con nonchalance di non spegnere MAI PIÙ il motore. A quel punto, urlando, lo abbiamo richiamato e gli abbiamo chiesto se era necessario sostituire la batteria e se poteva farlo lui. “Certo, venite”.
Gli abbiamo lasciato la macchina e dopo mezzora siamo andati a riprenderla. In quella mezzora ci siamo chiesti se davvero questa sostituzione fosse necessaria, se davvero fosse quello il problema, se davvero la spesa fosse giustificata. Ma alla fine ci siamo rassegnati, dicendoci che boh, sì, non avevamo scelta e dovevamo per forza affidarci all’elettrauto.
La stessa dinamica l’ho affrontata durante un tour di accertamenti medici a cui mi sono sottoposta a giorni alterni nell’ultimo periodo.
È partito tutto con un primo appuntamento, durante il quale mi dicono “È tutto ok ma approfondirei andando da questo specialista”. Ci vado e lo specialista mi dice “È tutto ok ma farei questo ulteriore controllo”. Faccio il controllo e mi dicono “È tutto ok ma procederei con quest’altro esame”. Prenoto l’esame ma, colpo di scena, si inceppa l’ingranaggio e chi mi doveva fare l’esame mi dice “No, non vedo l’esigenza di questo esame. Torni la settimana prossima e riparli con lo specialista, poi tra 4 mesi rifacciamo un controllo per vedere se l’esame serve o no”. Mi sono sentita come se avessi pescato una carta imprevisti a Monopoli. Pericolo scampato, quindi è davvero tutto ok, ma in realtà no, perché devo rivedere lo specialista tra una settimana e devo fare un altro controllo tra 4 mesi. Senza passare dal via.
Ma allora non si poteva fare l’esame e ci toglievamo tutti la curiosità? Ho reagito molto male a questo plot twist, mi sono innervosita e ho fatto un bel po’ la stronza con i medici del reparto, perché non ci ho capito nulla e sembrava che a nessuno premesse farmi capire qualcosa. Volevo ribellarmi. Risultato: nessuno ovviamente. La medicina vince sempre sulla logica quando sei in ospedale. O dal meccanico.
Il consiglio prezioso
Balene: Convinci il karma di meritarti un’amica stupenda che (quando sei giù) ti regala questi patch contorno occhi.
Riflettevo
Cercando di approfondire un po’ il tema dell’asimmetria informativa ho imboccato un meraviglioso bivio che mi ha portato alla teoria dei segnali nel mondo degli animali, ovvero allo studio che ha ad oggetto la comunicazione tra individui intra e inter specie.
Detta così sembra super tecnico e accademico. E lo è ma, non avendoci capito quasi nulla, ne ho tratto piccoli frammenti affascinanti.
Innanzitutto gli animali possono emettere segnali onesti o disonesti, con una sfumatura nell’accezione di onesto e disonesto diversa da quella che usiamo comunemente: per onesto si intende spontaneo mentre per disonesto si intende consapevole, finalizzato all’ottenimento di un beneficio.
Quando un uccello avverte la presenza di un predatore emette un suono di allarme che funge anche da avvertimento per il predatore. Quest’ultimo infatti, non potendo più contare sull’effetto sorpresa, giudica l’impresa uno sbattimento eccessivo e rinuncia all’attacco. Da questo segnale onesto traggono beneficio sia la preda che il predatore.
Ma l’uccello potrebbe utilizzare lo stesso tipo di suono anche quando non ha avvertito la presenza di alcun pericolo, solo per precauzione, facendo desistere eventuali predatori anche se non sono stati effettivamente beccati. Falso allarme. Segnale disonesto. Bluffone.
Secondo uno studio di Krebs e Dawkins gli animali possono infatti assumere il ruolo di manipulator o quello di mind-reader: il manipulator altera il comportamento degli altri a proprio vantaggio, mentre il mind-reader predice il comportamento futuro degli altri.
E sembra che questi comportamenti falsati da segnali fuorvianti scaturiscano anche da interazioni all’interno della stessa specie. Un rospo, ad esempio, potrebbe decidere di non affrontare un rivale amoroso, anche se più piccolo, a causa dell’asimmetria informativa. Non vedendo le dimensioni dell’avversario, potrebbe farsi ingannare dalla profondità del suono (gracidio) che emette.
E questo fa male all’evoluzione, proprio come l’asimmetria informativa fa male al mercato.
Chiudo con la considerazione che mi è piaciuta di più. Le reazioni degli animali ci sembrano buffe e talvolta scioccamente meccaniche. Un gabbiano reagisce aggressivamente alla vista di un pupazzo. Che pollo! E invece capita anche a noi: gli esseri umani si eccitano alla vista di una foto osé. Polli anche noi?
Come se fosse lunedì
Il proposito che ho rimandato la settimana scorsa
Questa settimana è stata una caporetto dei buoni propositi, non me la sento di prefissarmi nuovi obiettivi. Mi lascerò trascinare dal flow.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
I Vagabondi di Olga Tokarczuk
Sto leggendo un libro meraviglioso: I Vagabondi di Olga Tokarczuk.
È un libro composto da schegge, narrate da una voce mai enfatica ma potente. Regala piccoli quadri con temi ricorrenti: il viaggio, l’anima, ma soprattutto il corpo, la morte del corpo e il tentativo invece di renderlo immortale. Va fino all’osso (in alcuni casi letteralmente) in un percorso lirico e tremendamente concreto, dove tutto è materia.
Chi racconta, pur provando a restare sullo sfondo, sta in realtà davanti a tutto il resto. Si ha la sensazione di assistere a uno spettacolo in cui il protagonista è il sipario, che con il suo colore e il suo spessore aumenta la profondità e la prospettiva invece di coprire e nascondere.
I vagabondi ha vinto nel 2008 il premio Nike in Polonia, e nel 2018 il Man Booker International Prize.
Olga Tokarczuk, una delle scrittrici più acclamate della Polonia, ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2018
“per la sua immaginazione narrativa che con passione enciclopedica rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita”.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Photo by Nathan Dumlao on Unsplash
Photo by Jessica Arends on Unsplash
Du spicci
Mettete dei fiori sulle vostre gonne.
Pieces – € 34,99
You Better Network
Sei un giver, un taker o un matcher?
Ho una conoscente che più o meno ogni anno mi scrive su messenger per chiedermi una mano su qualcosa. In questa frase trovi già un indizio: mi scrive su messenger. Non mi chiama né mi scrive su whatsapp, perché non ha il mio numero di telefono e non me l’ha mai chiesto. Non mi invita a prendere un caffè anche se abitiamo nella stessa città.
Io la mano provo sempre a dargliela. Le rispondo, le do un consiglio di lavoro, le passo un contatto, le suggerisco la giusta dritta quando cerca casa. Non mi ringrazia mai. Lascia passare un anno e poi mi ricontatta per una nuova esigenza.
Ecco, non si fa così.
E non lo dico per me e perché è ingiusto nei miei confronti. Lo dico perché poi uno si stufa e non te li fa più i favori. Non conviene neanche a te.
Pare infatti che le persone si dividano in “takers”, “matchers”, “givers”.
Takers: si concentrano solo sui propri vantaggi e interessi, che mettono sempre davanti ai bisogni degli altri. Cercano di ottenere il più possibile dalle interazioni sociali e di dare il meno possibile in cambio;
Matchers: preferiscono mantenere un equilibrio tra dare e avere. Il loro mindset si concentra sulla reciprocità;
Givers: si concentrano principalmente sugli altri, che aiutano quasi incondizionatamente.
La cosa divertente però è che i takers non sono quelli che ottengono maggiori risultati nel lungo periodo.
A riequilibrare la giustizia divina ci pensano infatti i matchers che, per loro impostazione mentale, non daranno nulla a un taker (perché sanno che non avranno nulla in cambio), e preferiranno concentrare quindi i propri sforzi su givers o altri matchers, che sono più propensi a ricambiare, o almeno ad apprezzare, quanto è stato fatto per loro.
E la maggior parte delle persone ricade nella categoria di matcher.
L’altra cosa da considerare è che il successo dei givers e dei matchers si riverbera sugli altri, mentre qualsiasi successo di un taker non si tradurrà in beneficio futuro per nessuno. Per questo motivo i takers sono spesso oggetto di sabotaggio, mentre i givers godono di sostegno e supporto: la loro affermazione può creare valore futuro per gli altri ed è quindi una vittoria per tutti.
I givers poi sono una specie da proteggere perché, a causa della loro generosità e del tempo dedicato agli altri, rischiano di non raggiungere il successo personale. E bisogna assolutamente fare in modo che non si estinguano perché rappresentano la categoria che contribuisce maggiormente al successo di un’organizzazione o di un team.
Qui Un TED di Adam Grant su Givers e Takers.
Saluti
Questa newsletter è una velleità e adesso anche una responsabilità. Non posso prometterti di essere sempre puntuale ma sapere che c’è qualcuno che mi aspetta mi farà sicuramente impegnare di più. Se vuoi incidere positivamente sulla mia gestione delle scadenze iscriviti e fammi sentire il fiato sul collo!