Antonio?
Questa newsletter è una mia velleità che oggi si scontra con una pericolosissima fuga di notizie.
Antonio è una brutta persona che ho conosciuto qualche anno fa, con cui adesso collaboro professionalmente, e a cui mi ero ben guardata dal dire di questa newsletter. E avevo fatto bene, primo perché non era in target e secondo perché non l’avrebbe saputa gestire. Ora però la frittata è fatta: Antonio, portandosi anche altri amici a cui avevo tenuto nascosto questo angolino riparato, è qui con noi. Nulla sarà più lo stesso purtroppo, mi spiace dirtelo, perché è arrivato il grinch che manderà tutto all’aria.
Ma qual è il problema? L’imbarazzo. Le tonnellate di imbarazzo. Perché tu lo sai, ci ho messo mesi a dire ai miei amici più stretti di questa newsletter. Io puntavo dritta agli estranei. Poi mi sono resa conto che avere una doppia vita senza poter almeno sfoggiare la voce di Batman aveva poco senso e ho iniziato a confessare, gradualmente, una persona alla volta. Mi sono però sempre rifiutata di diffondere la notizia sui miei social personali e collegarla direttamente a me, nonostante vari incoraggiamenti (cazziatoni). Diciamo che stavo provando a simulare una specie di anonimato. Volevo evitare di metterci la faccia. E invece no, sono stata smascherata.
Il consiglio prezioso
Kansas City Shuffle: Se ti senti al centro dell’attenzione contro la tua volontà prova a puntare i riflettori su qualcun altro. Tipo Antonio.
Riflettevo
E perché volevo evitare di metterci la faccia? Per pudore. Perché non sono abituata a fare le cose che non so fare. E sono convinta di non saper fare quasi niente, quindi faccio poco. Quello che potrei e saprei fare non lo faccio perché comunque mi convinco di non saperlo fare. E quello che mi costringo a fare, pur sapendo che non lo so fare, almeno evito di mostrarlo (la frase è volutamente involuta, lo dico per Marito che me la critica).
Ti ricordi com’è cominciata? Avevo deciso di smontare la mia sindrome dell’impostore mettendomi a fare qualcosa che proprio non sapevo fare, dichiarandolo candidamente. Così, per non aver paura di essere smascherata. E guarda invece dove siamo oggi? Al punto di partenza. O è l’epilogo? La dimostrazione che non ha funzionato?
La mia strategia ha fallito? Ti va di parlare di fallimento? Non è un argomento super allegro, e forse poco si intona con l’inizio della primavera, ma è colpa di Antonio, mi ci ha portato lui.
Per colpa sua sono qui a pensare che la paura di fallire spesso ci impedisce di fare qualcosa, di farla davvero, esponendoci su un progetto o per un obiettivo concreto. E ti invito a non dare per scontato che chi ha paura di fallire abbia scarse ambizioni. Al contrario, una delle caratteristiche di un High-FF è settarsi su aspirazioni irrealistiche, al confine della magalomania. Sia perché se l’obiettivo è irraggiungibile non arriveremo mai davvero a provarci, e dunque non rischieremo mai di fallire, ma anche perché misurarsi con qualcosa di impossibile, o quanto meno di molto difficile, attenua la sensazione di fallimento e la relativa umiliazione.
Che dici, è per questo che non ho problemi a parlare inglese con un madrelingua mentre mi imbarazzo quando l’inglese è la seconda lingua anche del mio interlocutore? Lo vedi un nesso tu?
Ma sono sempre stata così insicura? Vengo da una piccola città, dove sapevo sempre con chi mi stavo confrontando e misurando. Arrivata a Roma, a 18 anni, le cose sono cambiate, ecco che per la prima volta c’era la possibilità di essere la più scema al tavolo, così senza preavviso. E questo forse ha inciso sulla percezione che ho degli altri ma soprattutto su quella che ho di me. E sulle mie paure.
E ci piovono in testa così tanti messaggi motivazionali che mi ritrovo a leggere articoli su come mai abbiamo paura di fallire. Servono ‘sti articoli? Cioè, non è ovvio? Nella mia testa si ha paura di fallire perché fallire fa paura punto. Non è che il fallimento sia neutro e quindi ci sia necessità di andare a indagare. Fa paura. Porta con sé colpa, vergogna e persino sfiga. Quello che si fa fatica a tenere a mente, e che quindi vale un reminder, è che il fallimento può essere utile, sempre che si sia in grado di trarne insegnamento.
Che poi, se vuoi sapere la verità, non è che io abbia proprio paura di fallire. Quello che temo è il giudizio che avrà di me, e non della newsletter, chi legge la newsletter. E però scopro che temere il giudizio degli altri è sempre un segnale della paura di fallire. E niente, oggi è tutto circolare, non riesco a uscirne.
Visto letto sentito 🙈🙉🙊
Chinatown pretty
C’è un profilo instagram meraviglioso che raccoglie look pazzeschi degli anziani che popolano le Chinatown di San Francisco, Oakland, Los Angeles, Chicago, New York e Vancouver. Gli abbinamenti di colori, gli accessori e i dettagli sono una gioia vera. Tra pattern floreali, calzini sgargianti e cappellini da baseball, mi sembra di aver finalmente scoperto il luogo dove è custodito il senso di tutto quello a cui sto assistendo in fatto di moda negli ultimi anni.
I protagonisti delle foto, insieme a una parte delle loro storie, sono stati raccolti anche in un libro. Io questi libri, quando li compro, li sfoglio una volta e poi li lascio parcheggiati nella libreria ma sono comunque tentatissima.
Pinkabbestia
Solo qualcosa di rosa
Du spicci
Quest’estate puntiamo sulla simpatia?
Compañia Fantastica - € 36,90
You Better Network
Una cosa che Antonio non ama fare è il networking. Lo so perché parte del mio lavoro consiste nell’obbligare lui a farlo. Per questo ho fissato due call con estranei la prossima settimana (a cui parteciperà anche lui) e non l’ho ancora avvisato. Così vediamo anche se la legge tutta ‘sta newsletter o se si è solo divertito a espormi al pubblico ludibrio.
Per me invece il networking è la parte del lavoro che preferisco, quella in cui non mi pesa lavorare. Di solito arrivo in un posto X e attacco bottone. Il compito mi sembra solo questo. Certo, c’è da fare follow up nei giorni successivi ma lì per lì, al primo contatto, non ho difficoltà.
Eppure fare la prima mossa non riesce semplice a tutti. Mi avvicino a una persona e cosa gli dico? Si può partire da qui. Nell’articolo ci sono anche esempi abbinati al tipo di personalità. Io ho appena scoperto di rientrare nei profili Comedian, Clueless and Life of the Party. E sto qui a darti consigli, non sono adorabile?
Ora, a distanza è un po’ più complicato: Linkedin o le email rendono l’interazione più delicata. Innanzitutto manca la spontaneità dell’incontro casuale. Dal vivo non c’è mai l’evidenza di chi prende l’iniziativa, ci si imbatte gli uni negli altri e il più estroverso può dare tutt’al più un impulso, ma chiacchierare risulta perfettamente naturale. Su Linkedin invece no. Sei tu che contatti qualcuno e quel qualcuno potrebbe partire già diffidente. Ci sono però dei modi per risultare meno sgraditi. Innanzitutto si può essere cortesi e ringraziare quando la propria richiesta di collegamento viene accettata. Non è banale. Se mi collego con te e poi non mi scrivi nulla, o se la prima cosa che mi scrivi è “ti contatto perché ti voglio vendere questo”, non vai molto lontano.
Ci sono poi degli icebreaker naturali, ad esempio degli apprezzamenti sui risultati raggiunti dall’interlocutore, su conferenze o webinar a cui ha partecipato, su articoli scritti o commentati. Io in generale non amo ricevere messaggi automatizzati, o comunque non personalizzati, perché la sensazione è quella di rispondere a Tobi della Vodafone o alla voce del navigatore, con cui certo alle volte è consentito litigare, per carità.
Ti direi che in ogni caso l’importante è essere sempre naturale, te stesso insomma, solo che mi viene un nervoso quando sto cercando di capire come si fa una cosa e poi la chiave è essere sé stessi. Ma tu hai idea di cosa voglia dire essere me stessa?
Saluti
Questa newsletter è una velleità ormai sovraesposta. Non abbiamo più scuse, possiamo spammarla ovunque e farla diventare finalmente di dominio pubblico.
Io direi di no, quest'estate non puntiamo sulla simpatia anche perché (...Antonio...) ma che c'è da ridere? La camicia da "struzzo" lasciamola a lui.
Per il resto, vedi se ti interessa questo : https://www.binge.audio/podcast/les-couilles-sur-la-table/ce-que-le-patriarcat-fait-a-lamour-in-english/?uri=ce-que-le-patriarcat-fait-a-lamour-in-english%2F
è in inglese ;)
<3